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L’Italia Accusa le Forze di Sicurezza Egiziane per l’Omicidio di Giulio Regeni

Pressione Europea ed Internazionale Necessaria per Porre Fine all’Impunità

Un attivista egiziano mostra un poster che chiede giustizia per Giulio Regeni al Cairo, Egitto, 15 aprile 2016 REUTERS/Mohamed Abd El Ghany

Dopo quasi cinque anni di investigazioni, la procura di Roma ha annunciato ieri di aver raccolto prove sufficienti a sostenere le accuse nei confronti di quattro agenti di sicurezza egiziani, inclusi ufficiali di alto rango della famigerata Agenzia di Sicurezza Nazionale, per il rapimento, la tortura e l’omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni al Cairo nel 2016.

Il generale Tariq Saber, il colonnello Aser Kamel, il capitano Hesham Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif hanno 20 giorni a disposizione per presentare documentazione in loro difesa e chiedere di essere ascoltati. Ma le probabilità che i quattro uomini, attualmente in Egitto e sotto la protezione del governo egiziano, collaborino, sono molto scarse.

Nessun accordo è stato raggiunto durante l’ennesimo incontro infruttuoso tra le procure italiana ed egiziana il 30 novembre. Le autorità egiziane mettono in dubbio la credibilità delle prove raccolte da quelle italiane, e sostengono che “l’esecutore materiale dell’omicidio di Giulio Regeni sia ancora ignoto”.

L’Italia non ha un accordo di estradizione con l’Egitto. A meno che i 4 ufficiali non siano arrestati in Egitto – o altrove, tramite il sistema di allerta dell’Interpol – e consegnati alle autorità italiane, il processo si terrà in contumacia.

Quanto accaduto a Giulio continua ad essere la tragica realtà per molti in Egitto. Decine di migliaia di prigionieri politici riempiono le sovraffollate carceri egiziane ed altri centri di detenzione non ufficiali, e sono spesso sottoposti a torture o altri trattamenti inumani o degradanti. Le libertà fondamentali sono fortemente represse, i giudici investigano sugli abusi solo raramente, e molti di loro sono di fatto al servizio del sistema di repressione.

L’Egitto è stato recentemente sotto i riflettori in seguito agli arresti oltraggiosi di tre dirigenti della Egyptian Initiative for Personal Rights (EIPR), una delle poche organizzazioni sui diritti umani ancora in piedi nel Paese. I tre sono successivamente stati rilasciati a seguito di crescenti, e purtroppo rare, pressioni internazionali.

Invece di adottare una serie di misure volte a persuadere il governo egiziano a porre fine alle violazioni dei diritti umani ed ottenere giustizia, i governi europei, incluso quello italiano, continuano a vendere armi all’Egitto ed ignorano gli abusi. Così facendo, hanno di fatto rafforzato il governo brutale del Presidente Sisi ed alimentato la sua percezione di se come partner essenziale nello scacchiere geopolitico e nella lotta al terrorismo. Solo questa settimana, il presidente Macron ha conferito a Sisi la più alta onoreficenza francese.

Il processo per l’omicidio di Regeni potrebbe offrire una rara opportunità di porre fine all’impunità per l’apparato di sicurezza egiziano. Per assicurare giustizia, l’Italia, l’Ue ed altri partner internazionali dovrebbero impegnarsi a spingere l’Egitto a consegnare gli ufficiali a Roma affinchè questi possano far fronte alle accuse in un giusto processo.

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