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(Washington, DC) - Il governo italiano dovrebbe offrire immediatamente accoglienza ad almeno 11 Eritrei che aveva respinto, in precedenza, in Libia, dove ora sono detenuti con la minaccia di deportazione in Eritrea, ha dichiarato oggi Human Rights Watch.

La Marina italiana aveva impedito a questi Eritrei di raggiungere l'Italia via mare, respingendoli sommariamente in Libia senza dar loro la possibilità di richiedere asilo.

"L'Italia non ha mai dato a questi individui la possibilità di chiedere asilo, e adesso essi corrono il grave rischio di ritrovarsi scaricati nel deserto o deportati in Eritrea," ha dichiarato Bill Frelick, direttore del Refugee Program a Human Rights Watch. "L'Italia è responsabile per le persone che ha respinto in Libia, un Paese senza legge sull'asilo che li ha brutalizzati. È l'Italia che li ha esposti a questo pericolo, ed è l'Italia che da tale condizione dovrebbe toglierli."

Il governo italiano sostiene di aver mediato un accordo sul rilascio di questi detenuti eritrei per la realizzazione di lavoro "socialmente utile" in Libia, sotto la direzione delle autorità libiche. Secondo il Ministero degli Esteri libico, l'ambasciata eritrea a Tripoli consegnerà carte di identità a circa 400 Eritrei in Libia.

I detenuti hanno opposto resistenza al requisito di identificazione da parte del governo del Paese da cui sono fuggiti. Alcuni di loro sono stati in grado di contattare Human Rights Watch. Hanno dichiarato il timore che riempiendo con le proprie generalità questi moduli forniti dall'ambasciata Eritrea, metteranno in pericolo le proprie famiglie in Eritrea e forse spianeranno la strada per la propria deportazione.

"Il governo eritreo considera coloro che scappano dal Paese come dei traditori" ha detto Frelick, "Che la Libia richieda loro di fornire al governo da cui sono scappati le proprie generalità, dimostra che sono ancora in pericolo in Libia."

Secondo i media italiani, 140 dei detenuti hanno firmato i moduli. Alcuni di loro hanno riferito a Human Rights Watch che quanti hanno firmato lo hanno fatto sotto costrizione o per inganno, e che hanno paura delle conseguenze per le proprie famiglie ancora in Eritrea.

Le autorità libiche stanno usando mezzi durissimi sui detenuti per costringerli a firmare i moduli. I detenuti hanno informato Human Rights Watch che 10 dei 205 Eritrei che erano stati trasferiti dal centro di detenzione di Misurata a quello di al-Biraq, erano stati portati all'aperto e picchiati. Il 7 luglio, un gruppo rimasto a Misurata, composto da 31 uomini, 13 donne e 7 bambini, ha detto di essere stato picchiato dopo aver rifiutato nuovamente di riempire i moduli.

"Dato l'effetto deterrente dell'interdizione navale italiana, che ha causato un declino drastico delle partenze di barconi dalla Libia, e la mancanza di opportunità per gli Eritrei di cercare o godere del diritto d'asilo in Libia," prosegue Frelick, "l'Italia dovrebbe prendere in considerazione l'offerta di risistemare l'intero gruppo di 400 Eritrei costretti a registrarsi presso l'ambasciata Eritrea di Tripoli."

Il 1° luglio 2009, nell'ambito di una campagna per impedire ai rifugiati di raggiungere le proprie coste, la Marina italiana ha obbligato 82 individui, di cui 76 eritrei, che scappavano in barca verso l'Italia, a salire su un'imbarcazione libica. Essi sono poi stati presi in consegna dalle autorità libiche. Almeno 11 degli Eritrei respinti quel giorno fanno parte di un gruppo trasferito dal centro di Misurata il 30 giugno.  Le autorità libiche li hanno trasportati al centro di detenzione di al-Biraq, nel deserto del Sahara nei pressi di Sabha, un villaggio con un aeroporto che è stato, in passato, sito di deportazioni verso Paesi sub-sahariani.

I detenuti hanno informato Human Rights Watch che gli Eritrei erano stati ammucchiati in tre container montati su camion per il viaggio di 12 ore, senza soste, attraverso il deserto. Hanno anche riferito a Human Rights Watch di essere stati picchiati selvaggiamente dalle guardie libiche a Misurata, così come nel viaggio per al-Biraq. Alcuni di loro sono stati portati in ospedale da Misurata, mentre altri sono arrivati ad al-Biraq con arti fratturati. I detenuti hanno raccontato di non aver ricevuto cibo né acqua durante il viaggio, né cure mediche una volta arrivati ad al-Biraq. Hanno anche raccontato che le guardie libiche dicevano loro che sarebbero stati deportati in Eritrea.

La Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951, di cui l'Italia è stato parte, proibisce "in qualsiasi modo" il respingimento con la forza (refoulement) di individui verso un luogo dove la loro vita o libertà siano minacciate. Tale proibizione impedisce alle autorità di un Paese di respingere richiedenti asilo verso un Paese che, a sua volta, li rimpatrierebbe senza prendere in considerazione le loro richieste d'asilo. La Convenzione europea dei diritti dell'uomo, anche questa sottoscritta dall'Italia, vieta il rinvio con la forza di individui verso Paesi dove rischierebbero concretamente di venire sottoposti a un trattamento inumano o degradante del tipo che questi Eritrei stanno ora sperimentando in Libia.

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per Rifugiati (Acnur) ha raccomandato che i governi ospiti si astengano dal rinviare con la forza in Eritrea persino individui ai quali sia stato negato asilo, per via del pericolo che gli Eritrei respinti vengano sottoposti a detenzione e tortura.

Nel settembre del 2009, Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto, "Scacciati e schiacciati", che documentava la politica di interdizione dell'Italia e il rinvio sommario di migranti e richiedenti asilo in Libia. Il rapporto documentava inoltre i frequenti abusi subiti dai migranti durante la detenzione in Libia, così come la pratica generale di detenere i migranti per periodi indefiniti.

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