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L'UE lascia in alto mare i Migranti

Nuova missione navale progettata per evitare i salvataggi in mare

Migrants are transfered by Italian sailors from the German combat supply ship 'Frankfurt am Main' to the their ship 'Grecale' after being rescued during EUNAVFOR MED Operation Sophia in the Mediterranean Sea off the coast of Libya, March 29, 2016. © 2016 AP Photo/Matthias Schrader

È una scelta vile e indifendibile. Ieri i ministri degli Esteri dell'Unione Europea hanno deciso di lanciare una missione nel Mediterraneo con lo scopo di far rispettare l'embargo sulle armi libiche imposto dalle Nazioni Unite, a una sola condizione: non concentrarsi sul salvataggio di vite umane.

Inchinandosi alle pressioni di Austria e Ungheria, due Paesi senza sbocco sul mare i cui leader si distinguono per le loro ostili politiche migratorie, i ministri hanno concordato un piano di dispiegamento di navi da guerra con l'obiettivo esplicito di evitare le zone del Mediterraneo dove potrebbero dover rispondere alle imbarcazioni in difficoltà con migranti a bordo. Le navi dell'UE pattuglieranno, secondo quanto riferito, al largo della costa orientale della Libia o se altrove non meno di 100 chilometri (60 miglia) dalla costa, cioè il più lontano possibile rispetto a dove donne, uomini e bambini che cercano di fuggire dalla Libia partono su imbarcazioni sovraffollate e non adatte alla navigazione.

La decisione pone formalmente fine alla già moribonda Operazione Sophia, la missione anti-tratta istituita nel 2015 ma rimasta senza navi operative dal marzo 2019. Questo principalmente perché il precedente governo italiano aveva rifiutato di consentire lo sbarco.

L'operazione Sophia ha salvato più di 50.000 persone in mare.

Ironia della sorte, l'operazione è stata annullata proprio per il suo successo. I governi austriaco e ungherese - con altri paesi, senza dubbio, che si nascondono tranquillamente dietro di loro - hanno insistito affinché la nuova missione venisse istituita per ridurre al minimo le possibilità di salvare le persone e di doverle portare in Europa. L'accordo di ieri prevede addirittura la condizione che le navi vengano ritirate qualora i ministri rilevino un "impatto sui flussi migratori".

Dire che le navi si ritirerebbero dalle zone in cui ci sono persone in difficoltà porta l'UE distante chilometri dalla lettera e dallo spirito del diritto internazionale.

È irreale concentrarsi sui cosiddetti "fattori di attrazione" - ciò che può attirare le persone a intraprendere un pericoloso viaggio migratorio - mentre la guerra aperta, il crollo della capacità delle agenzie dell'Onu e delle organizzazioni umanitarie di fornire assistenza, le condizioni di detenzione da incubo e il rischio di cadere preda di gruppi armati in Libia sembrano fornire ampi "fattori di spinta". E non importa che studi abbiano dimostrato che la presenza di potenziali navi di soccorso non è il fattore principale nel determinare le partenze.

L'UE può impedire l'invio di armi che alimentano gli abusi in Libia e rispondere alla crisi umanitaria in Libia e nel Mediterraneo - non si tratta di un aut-aut. I mezzi navali dell'UE dovrebbero trovarsi dove sono più necessari e utili, e questo include dove possono contribuire a salvare vite umane.

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