"L'Italia non può giustificare la sua complicità nella sofferenza dei migranti e dei rifugiati che cadono nelle mani della Guardia Costiera Libica", ha detto Judith Sunderland, direttrice associata della divisione Europa e Asia Centrale di Human Rights Watch. "La retorica umanitaria non giustifica il continuo sostegno alla Guardia Costiera, dal momento che l'Italia sa che le persone intercettate in mare torneranno ad essere detenute arbitrariamente e a subire abusi”
Il 9 febbraio 2020 il Ministero degli Esteri italiano ha annunciato di aver inviato a Tripoli la proposta di modifica del Memorandum d'intesa del 2017 che delinea il quadro della cooperazione in materia di controllo delle frontiere tra i due paesi. La dichiarazione si limita a dire che le modifiche sono finalizzate ad aumentare la protezione per i migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati in Libia, e a richiedere il rafforzamento delle attività dell'agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l'UNHCR, e dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, OIM. Il 30 gennaio il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, ha riferito al Parlamento che l'Italia sosterrà la chiusura dei centri di detenzione e l'apertura di strutture sotto l'egida dell'ONU, oltre a incoraggiare un maggior numero di rimpatri volontari dalla Libia verso i paesi di origine.
Il supporto materiale e tecnico dell'Italia ha permesso alla Guardia Costiera Libica, sotto il riconoscimento del Governo di Accordo Nazionale (GNA) dell'ONU, di intercettare migliaia di persone in mare. La Guardia Costiera Libica ha poi riportato le persone in condizioni di detenzione arbitraria e a durata indeterminata in strutture in cui sono esposte a un alto rischio di sfruttamento e di atti di violenza, tra cui lo stupro. Il Memorandum d'intesa è stato rinnovato automaticamente per altri tre anni il 2 febbraio. Secondo i dati dell'UNHCR, quasi 40.000 persone sono state intercettate e riportate in Libia da quando il Memorandum è stato firmato tre anni fa.
Il 30 gennaio, l'UNHCR ha annunciato di essere stato costretto a chiudere il suo Centro di accoglienza e di partenza a Tripoli, a causa delle preoccupazioni per la sicurezza legate alle ostilità in corso nella capitale. Il centro era stato progettato per ospitare persone in lista per l'evacuazione e il reinsediamento in Europa e altrove, tuttavia ha ospitato altre centinaia di persone fuggite o rilasciate dai centri di detenzione ufficiali dallo scoppio del conflitto, intorno a Tripoli, nell'aprile 2019. Secondo le stime dell'UNHCR, alla fine di dicembre, circa 4.000 persone erano rinchiuse nei centri di detenzione ufficiali, ai quali le organizzazioni umanitarie e le agenzie dell'ONU hanno accesso solo sporadicamente.
Nel gennaio 2019, Human Rights Watch ha pubblicato le prove che il sostegno dell'Italia e di altri Stati membri dell'Unione Europea a favore dell'assistenza umanitaria ai migranti detenuti e ai richiedenti asilo, e dei programmi di evacuazione e rimpatrio, ha fatto ben poco per affrontare i problemi sistematici della detenzione e dei maltrattamenti dei migranti in Libia.
In un rapporto di metà gennaio sulle attività della Missione di sostegno dell'ONU in Libia (UNSMIL), il segretario generale dell'ONU ha ribadito che la Libia non è un porto sicuro e ha esortato tutti i paesi membri a "rivedere le politiche che sostengono il ritorno dei rifugiati e dei migranti". La Commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa ha invitato l'Italia a "sospendere urgentemente" la cooperazione con la Guardia Costiera libica "fino a quando non ci saranno chiare garanzie sul rispetto dei diritti umani".
La cooperazione con la Guardia Costiera Libica dovrebbe avvenire solo se necessario per ottemperare all'obbligo, secondo il diritto internazionale del mare, di coordinare la risposta in caso di situazioni di emergenza in mare, ha detto Human Rights Watch. In questi casi dovrebbe essere fatto ogni sforzo per assicurare lo sbarco al di fuori della Libia, finché questo paese rimane un luogo in cui i migranti sono sottoposti a una detenzione arbitraria a durata indeterminata e dove sono esposti a un grave rischio di abusi.
"Invece di ritoccare il Memorandum d'intesa", ha detto Sunderland, "le autorità italiane dovrebbero insistere sulla chiusura dei centri di detenzione, indirizzare le proprie risorse a sostegno di alternative sicure alla detenzione, aumentare le evacuazioni dalla Libia, comprese quelle verso l'Italia, e riprendere un ruolo di leadership nel salvare vite umane in mare".