Negli ultimi due giorni sono giunte notizie di tre diversi naufragi nel Mediterraneo con la stima, intollerabile, di settecento morti presunte. I pochi sopravvissuti del peggiore incidente hanno riferito all’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e alla polizia italiana che i trafficanti hanno deliberatamente speronato la loro barca quando i migranti si sono opposti a venire trasferiti in ciò che sembrava un’imbarcazione ancora meno adatta alla navigazione, un atto particolarmente atroce da parte di trafficanti umani già noti per le loro pratiche prive di scrupoli e talvolta mortali.
Possiamo solo sperare che le indagini dell’Oim e delle autorità italiane portino ad azioni giudiziarie. Ma la pericolosa migrazione su barconi nel Mediterraneo non può essere ridotta a un mero comportamento criminale da parte dei trafficanti, e limitare la risposta facendo rispettare la legge e controllando i confini metterà ancora più vite a rischio.
Molti fattori alimentano la migrazione su barconi – la paura di persecuzioni in Eritrea, le morti sotto i bombardamenti in Siria e a Gaza, siccità e anarchia in Somalia, povertà e conflitti nel Sud Sudan, e cause simili in numerosi altri posti. Le menzogne e le minacce dei trafficanti, lo sgretolamento di società, e le disparità economiche possono sembrare impossibile da affrontare in un modo significativo, ed umano. Ma ci sono due modi concreti in cui l’Unione europea può ridurre le probabilità di un’altra tragedia in mare.
Innanzitutto, l’Ue dovrebbe creare percorsi sicuri e legali per rifugiati e richiedenti asilo di trovare protezione in Europa piuttosto che rischiare le proprie vite nei pericolosi attraversamenti via mare. Fino ad oggi, le politiche dell’Ue si sono concentrate largamente sulla sicurezza dei confini (tenere le persone alla larga) anziché assicurare protezione a coloro che ne hanno bisogno. Il commissario europeo per gli Affari interni ha chiesto agli stati membri, a luglio, di prendere in considerazione visti umanitari o di permettere domande d’asilo in Paesi terzi. Entrambe queste idee meriterebbero di essere adottate.
In secondo luogo, l’Ue non dovrebbe ridurre i propri sforzi nelle operazioni di salvataggio in mare. L’operazione della Marina italiana, Mare Nostrum, lanciata lo scorso ottobre dopo due fatali naufragi, ha portato decine di migliaia di persone in salvo sulle coste italiane. I critici dicono che l’operazione ha incoraggiato la migrazione via mare, tuttavia più della metà di coloro che hanno fatto la traversata sono in fuga da violenze sui diritti umani in Eritrea e dalla guerra in Siria. La prospettiva di rimpiazzare, presto, Mare Nostrum con “Frontex Plus”, un’operazione ben più limitata dell’agenzia per il controllo dei confini dell’Ue, solleva lo spettro di un tasso di morti in crescita (già quest’anno, si aggira intorno ai tremila).
Catturare i criminali direttamente responsabili di centinaia di morti è importante. Cambiare le politiche dell’Ue per impedirne migliaia di più, è fondamentale.