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Nuovi rischi dagli sviluppi del recente accordo migratorio tra Italia e Albania

L’Italia dovrebbe abbandonare completamente il piano di trasformazione dei centri per persone migranti

Un membro dell'esercito italiano davanti a un campo di detenzione per immigrati costruito dall'Italia a Gjader, in Albania, l'11 ottobre 2024. © 2024 Florion Goga/Reuters

Dopo aver costruito centri per migranti in Albania, che ora rimangono vuoti, il governo italiano ha deciso di trasformarne uno in un centro di detenzione offshore. Questa mossa, però, non farà altro che replicare i problemi che si sono già verificati nei centri di detenzione in Italia.

Il centro di Gjader, in Albania, è stato costruito per accogliere e trattare le richieste di asilo di uomini adulti intercettati o soccorsi in mare dalle navi italiane. In base all’accordo del 2023 tra Italia e Albania, gli uomini provenienti da paesi che l’Italia considera “sicuri” verrebbero sbarcati direttamente in Albania, dall’altra parte del Mare Adriatico, e sottoposti a una procedura d’asilo rapida, presupponendo che non abbiano bisogno di protezione.

Tuttavia, i tribunali italiani hanno costretto il governo a riportare in Italia i pochi uomini che erano stati portati in Albania nell’ambito di questo accordo, ponendo giustamente la questione se i paesi inclusi nella lista italiana dei “paesi di origine sicuri” siano effettivamente sicuri per tutti, e dichiarando che sarebbe illegale detenere questi uomini basandosi su tale supposizione. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea è attesa a pronunciarsi sulla questione, ma nel frattempo le strutture, parte di un investimento stimato di 800 milioni di euro, restano vuote.

Il governo italiano ha quindi emanato un decreto il 28 marzo, autorizzando le strutture a ospitare migranti irregolari, attualmente in Italia, ai quali è stato ordinato il trattenimento in attesa di espulsione.

In Italia ci sono già 10 centri di detenzione, nei quali le persone migranti possono essere trattenute fino a 18 mesi – tempo necessario per il governo per tentare di deportarle. Tuttavia, il numero effettivo di rimpatri è basso: nel 2023, solo il 10% delle persone soggette a ordini di espulsione è stato effettivamente rimpatriato. Un rapporto del 2021 ha descritto questi centri come dei veri e propri “buchi neri”, mentre un rapporto pubblicato nel 2024 li ha denunciati come un sistema costoso e disumano.

L’apertura di un centro simile in Albania replicherà i problemi che si sono già verificati in Italia, aggiungendone anche altri di nuovi, come l’ostruzione dell’assistenza legale, che potrebbe ostacolare la responsabilità quando emergono accuse credibili di abusi. Inoltre, non vi è alcuna garanzia che questa mossa renda i paesi destinatari più propensi ad accettare i rimpatri, che rappresentano il principale ostacolo alle espulsioni.

Questa decisione arriva poco dopo che la Commissione Europea ha approvato l’idea di “hub di rimpatrio” situati al di fuori dell’Unione Europea, nell’ambito del nuovo sistema europeo comune di rimpatrio. I tentativi di esternalizzare le responsabilità migratorie e di trasferire le persone migranti come nulla fosse sono crudeli e irrealistici.

Piuttosto che inseguire accordi costosi e discutibili per eludere le proprie responsabilità, l’Italia – e l’UE nel suo insieme – dovrebbe investire nella gestione delle migrazioni in modo umano e razionale.

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