(Bolzano) – Le soluzioni adottate da alcune scuole italiane per garantire agli studenti con disabilità un accesso paritario all’istruzione di qualità durante le chiusure dovute al Covid-19 dovrebbero servire da modello per altri istituti, ha dichiarato oggi Human Rights Watch. Quando possibile, infatti, è stata offerta loro la possibilità di frequentare la scuola in presenza e in completa sicurezza.
La didattica a distanza (DaD) durante la chiusura delle scuole per la pandemia è stata una dura sfida per molti ragazzi, ma si è rivelata particolarmente impegnativa per i tanti studenti con disabilità che traggono beneficio dalle lezioni in presenza e dalla routine scolastica. Non solo, ma spesso questi alunni, in Italia così come in altri paesi, non hanno potuto accedere alla DaD e hanno rischiato di vedersi esclusi dal percorso formativo.
“Quando la didattica a distanza si è dimostrata inaccessibile per numerosi studenti con disabilità, alcune scuole in Italia hanno trovato soluzioni per farli stare in classe in sicurezza, con tutto il supporto di cui avevano bisogno”, ha detto Karolina Kozik della divisione diritti delle persone con disabilità di Human Rights Watch. “Gli esempi osservati dimostrano che esistono modi per garantire a questi ragazzi un’istruzione inclusiva e di qualità, anche durante un’emergenza”.
Human Rights Watch ha intervistato a questo proposito famiglie e personale di 14 scuole italiane che hanno messo in campo diversi approcci alla didattica per gli alunni con disabilità durante la pandemia, con un focus particolare su due istituti.
Human Rights Watch non ha analizzato la risposta complessiva del sistema educativo italiano ai bisogni di studenti con disabilità durante l’emergenza Covid-19, poiché andava oltre l’ambito della ricerca.
Questa ricerca si è concentrata in particolare sull’individuazione di scuole che sono riuscite a offrire programmi di didattica in presenza agli studenti con disabilità, quando quella online non era idonea alle loro necessità. Il suo scopo è evidenziare esempi positivi che possono essere seguiti anche da altri paesi per fornire un’istruzione di qualità a questi alunni, quando le scuole sono chiuse per un’emergenza sanitaria.
Alcuni genitori hanno affermato che, nonostante gli sforzi compiuti dalle scuole e la disponibilità di dispositivi e connessione a Internet, la DaD non poteva soddisfare le esigenze formative dei loro figli, che richiedevano assistenza in presenza. La madre di un ragazzo di 13 anni con autismo non verbale ha detto: “Alcuni bambini con disabilità possono accedere facilmente alla didattica a distanza, ma nel suo caso è impossibile. È impossibile attirare la sua attenzione attraverso uno schermo per più di quattro minuti”.
A partire da novembre 2020, in diversi decreti governativi legati alla pandemia hanno trovato spazio disposizioni sulla possibilità di svolgere attività in presenza per gli studenti con disabilità, anche durante la chiusura delle scuole. A marzo 2021, il ministero dell’Istruzione ha chiarito in una nota che la didattica in presenza per questa categoria di alunni non era da considerarsi automatica, ma che ogni scuola doveva valutare i singoli casi e andare incontro alle specifiche esigenze formative, fermo restando il rispetto delle misure di sicurezza fondamentali per tutelare il diritto alla salute.
L’opzione della didattica in presenza è stata offerta come accomodamento ragionevole per gli studenti con disabilità che non potevano usufruire della DaD, in particolare per quelli con disabilità intellettive e complesse che a scuola hanno l’insegnante di sostegno e ricevono un’assistenza professionale.
A novembre, dopo il passaggio alla didattica a distanza, la dirigenza dell’istituto tecnico commerciale Gaetano Salvemini di Casalecchio di Reno, in Emilia-Romagna, ha preso l’iniziativa di creare piccoli gruppi di circa cinque alunni con e senza disabilità che potevano scegliere di frequentare la scuola in presenza nonostante la chiusura. Gli studenti senza disabilità sono stati scelti in base all’interesse espresso e alle loro specifiche difficoltà nell’accesso alla DaD. Ognuno di questi gruppi seguiva le lezioni in classe con gli insegnanti, mentre gli altri compagni erano collegati online.
Gli alunni con e senza disabilità che hanno partecipato all’iniziativa hanno apprezzato la possibilità di andare a scuola. Come ha spiegato Giacomo, uno studente del Salvemini di 18 anni: “Io mi sono convinto a venire quando me l’ha detto un mio compagno, mi ha detto che era una bella cosa, anche per [il nostro compagno di classe con disabilità]. La pandemia ci ha lasciato un grande segno… e quindi ho pensato che in questo periodo così buio magari posso aiutare [il mio compagno]… e ora sono anche più contento”.
Alcune scuole hanno proposto agli alunni con disabilità di andare a scuola da soli e studiare con i loro insegnanti di sostegno e assistenti o di frequentare laboratori insieme agli altri studenti con disabilità, per svolgere attività legate alla musica, alla danza o all’arte. In alcuni casi, gli altri compagni hanno partecipato da casa in videochiamata.
I genitori dei ragazzi che hanno potuto frequentare in presenza hanno detto che è stato fondamentale per la qualità della loro formazione. La madre di un alunno di 14 anni affetto da epilessia e con una disabilità intellettiva ha detto che la possibilità di andare a scuola per lui è stata “come la manna dal cielo”, soprattutto perché le scuole sono state tra le pochissime istituzioni che hanno continuato a funzionare anche quando gli altri servizi e attività di supporto sono stati sospesi.
In entrambi questi modelli, gli studenti con disabilità hanno potuto scegliere tra la didattica in presenza e quella a distanza, seguita dalla maggior parte degli alunni. Sia i diretti interessati che i loro genitori hanno sottolineato l’importanza di avere questa scelta.
Per mancanza di dati, Human Rights Watch non ha potuto verificare quante sono state le scuole italiane a offrire la formazione in presenza agli studenti con disabilità. Le organizzazioni che rappresentano le persone con disabilità e le loro famiglie hanno criticato il comportamento di diversi istituti durante la pandemia, rilevando che spesso i bambini con disabilità non hanno beneficiato di una didattica inclusiva e di qualità, e in alcuni casi sono rimasti del tutto esclusi dalla programmazione.
Secondo l’Istat, il 23% degli alunni con disabilità tra aprile e giugno 2020 non ha partecipato alla DaD. Gli insegnanti intervistati da Human Rights Watch hanno detto che questi studenti erano fra quelli più a rischio di restare indietro nel percorso scolastico durante la pandemia.
Alcune scuole hanno offerto le lezioni in presenza solo agli studenti con disabilità, una scelta che è stata criticata da alcune organizzazioni, genitori e personale scolastico perché poteva rappresentare un precedente per la creazione di classi separate.
La legge italiana sancisce per tutti i bambini il diritto di studiare in istituzioni scolastiche inclusive, con l’adozione di accomodamenti ragionevoli. I trattati internazionali ratificati dall’Italia garantiscono il diritto a un’istruzione inclusiva e di qualità per tutti, senza alcuna discriminazione. Questo implica che gli studenti con e senza disabilità possano frequentare insieme le lezioni in un ambiente votato all’inclusione e accessibile, con le opportune soluzioni.
Secondo Human Rights Watch, i provvedimenti di carattere sanitario adottati in tutto il mondo per contrastare la diffusione del coronavirus hanno interferito con il diritto all’istruzione previsto dalle leggi sui diritti umani. I governi dovrebbero mantenere quest’interferenza al minimo livello possibile e solo nella misura in cui sia strettamente necessaria, assicurandosi che sia proporzionata e duri il minor tempo possibile.
I governi dovrebbero limitare al massimo la chiusura delle scuole, ricorrendovi solo quando indicatori obiettivi e dati certi giustifichino l’interruzione della didattica in presenza per il rischio di contagio da coronavirus, e dopo aver preso in considerazione tutte le misure di prevenzione disponibili per ridurre questo rischio. Dovrebbero inoltre garantire che le alternative a distanza siano accessibili per gli studenti con disabilità e fornire accomodamenti ragionevoli per soddisfare le esigenze formative specifiche di ognuno.
“Alcune scuole in Italia hanno messo in atto strategie per rendere la didattica accessibile agli studenti con disabilità, anche in una crisi senza precedenti come la pandemia di Covid-19”, ha detto Kozik. “Il loro esempio dovrebbe essere seguito da altri istituti in Italia e all’estero, per garantire una formazione sempre accessibile a tutti gli alunni con disabilità”.
Per maggiori dettagli sulle questioni trattate e i modelli adottati dalle scuole per la didattica in presenza, vedere sotto.
All’inizio di marzo 2020, l’Italia ha disposto la chiusura di tutte le scuole e le università con il passaggio alla didattica a distanza (DaD), che è durata fino alla fine dell’anno scolastico. I gruppi che rappresentano le persone con disabilità e le loro famiglie hanno chiesto al governo di consentire la didattica in presenza per gli studenti con disabilità come accomodamento ragionevole, in caso di nuova chiusura delle scuole nell’anno scolastico 2020/2021. Nella pianificazione delle attività per il nuovo anno, il ministero dell’Istruzione ha definito prioritaria la formazione in presenza per questi alunni.
A settembre le scuole hanno riaperto e i ragazzi sono tornati in aula. Non ci sono state chiusure su scala nazionale durante l’anno scolastico, tuttavia, le autorità nazionali e regionali hanno stabilito di volta in volta delle chiusure localizzate in base all’andamento della pandemia, con diversi istituti, soprattutto superiori, che sono rimasti parzialmente o totalmente chiusi per lunghi periodi.
Da novembre in poi, i decreti governativi hanno incluso disposizioni per consentire la didattica in presenza per gli studenti con disabilità. Alcune regioni hanno emesso ordinanze specifiche. Il ministero dell’Istruzione ha pubblicato delle linee guida a novembre e a marzo, per chiarire che le scuole che offrivano attività in presenza dovevano, per quanto possibile, coinvolgere gli studenti senza disabilità per promuovere l’inclusione.
Le scuole che hanno permesso la didattica in presenza agli alunni con disabilità hanno adottato approcci diversi. Alcune, in particolare quelle con più esperienza in materia di inclusione, hanno organizzato piccoli gruppi inclusivi, a volte in risposta alle pressioni ricevute dai genitori degli studenti con e senza disabilità. Altre hanno offerto lezioni individuali con gli insegnanti di sostegno o i professionisti dei team di assistenza, e in qualche caso gli alunni con disabilità presenti a scuola hanno seguito la didattica online con i compagni collegati da casa.
Una panoramica sui programmi innovativi
Tra gennaio e maggio, Human Rights Watch ha intervistato 52 persone: 11 bambini e ragazzi fra i 14 e i 19 anni, di cui 7 con disabilità, i loro familiari, presidi, insegnanti di sostegno e professionisti che assistono gli studenti con disabilità in 14 istituti scolastici in Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte e nella provincia autonoma di Bolzano.
Human Rights Watch ha intervistato anche membri delle organizzazioni che rappresentano le persone con disabilità e le loro famiglie, e un esperto di inclusione scolastica. Alcuni degli intervistati hanno chiesto di non diffondere i loro nomi.
Le 14 scuole considerate hanno gestito la formazione degli studenti con disabilità durante la pandemia con strategie diverse. Human Rights Watch ha analizzato in modo più approfondito le iniziative dell’istituto tecnico commerciale Gaetano Salvemini di Casalecchio di Reno, vicino a Bologna, che ha offerto una didattica inclusiva in presenza, e del liceo Giovanni Pascoli di Bolzano, che ha proposto la didattica in presenza solo agli alunni con disabilità. Questi istituti sono stati scelti per esemplificare i vari modi in cui le scuole superiori hanno organizzato attività in presenza per gli studenti con disabilità.
Le scuole individuate da Human Rights Watch erano tenute a rispettare le misure di sicurezza sanitarie per frenare la diffusione del virus che causa la malattia Covid-19. Gli alunni e il personale erano obbligati a indossare le mascherine e gli altri dispositivi di protezione individuale previsti, come guanti e camici monouso, e a mantenere il distanziamento sociale di due metri, con poche eccezioni.
Quando il distanziamento non era possibile, come nel caso dei professionisti che fornivano assistenza individuale agli studenti, sono stati adottati altri sistemi di protezione come visiere in plastica, guanti e camici monouso. Alcune scuole hanno installato divisori in plexiglass sui banchi. Gli istituti hanno registrato tutte le persone che entravano e uscivano dagli edifici scolastici, con i relativi dati di contatto.
Didattica inclusiva in presenza in scuole superiori
A novembre l’istituto tecnico Gaetano Salvemini ha chiesto alle famiglie dei suoi 1.400 studenti di segnalare se erano interessati a venire a scuola in presenza. Gli studenti potevano anche scegliere di seguire le videolezioni da casa. La dirigenza della scuola ha creato piccoli gruppi di cinque o sei alunni con e senza disabilità. Il numero complessivo di studenti che frequentavano in persona ha variato durante i diversi periodi di lockdown tra novembre e aprile, da meno di 100 fino a circa 240, a seconda dell’interesse degli studenti e della preoccupazione delle famiglie per il rischio di infezione da Covid-19. La scuola aveva 74 studenti con disabilità iscritti nell’anno scolastico 2020-2021.
La scuola ha anche offerto workshop inclusivi su argomenti come musica, arte, sport, e uso di droni. Uno dei laboratori era dedicato a favorire l’autonomia degli studenti insegnando loro come gestire le finanze personali.
Gli studenti con disabilità che hanno frequentato la scuola in presenza hanno detto che è stata un’esperienza positiva. “Sono andato con altri due ragazzi, è andata bene, abbiamo fatto le solite cose”, ha raccontato Matteo, un alunno di 16 anni con disabilità fisica e intellettiva, che frequenta la terza. “Ero contento di andare a scuola, anche se un po’ mi mancavano gli altri [studenti]”.
Anche studenti senza disabilità hanno detto di aver avuto un’esperienza positiva. “Ho deciso di venire a scuola per aiutare [il mio compagno con disabilità] perché con noi si trova meglio”, ha spiegato Mattia, uno studente di 17 anni che ha frequentato la scuola Salvemini in presenza e ha fatto parte di un gruppo inclusivo. “Volevo – ha aggiunto – anche uscire dalla routine della DaD, dove ti svegliavi al mattino, facevi lezioni fino alle 14, e poi restavi a casa. Era stressante e non riuscivo a stare concentrato. Da quando sono a scuola ho visto un miglioramento sia nell’essere attento che nei voti”.
Alcuni studenti senza disabilità hanno notato di aver avuto più opportunità di interagire con il loro compagno con disabilità lavorando in un piccolo gruppo, sottolineando che in questo modo hanno avuto la possibilità di conoscersi meglio. L’approccio della scuola, ha sottolineato Maria Ghiddi, vicepreside dell’istituto, è quello di responsabilizzare studenti con e senza disabilità su base di parità. “Abbiamo visto che [l’educazione inclusiva] è una grande risorsa anche per i ragazzi normodotati”, ha detto Ghiddi, aggiungendo che era importante di assicurarsi che gli studenti fossero i protagonisti di tutti i progetti proposti dalla scuola.
La madre di uno studente con disabilità fisica e intellettiva che frequenta la quinta classe ha detto che suo figlio era inizialmente riluttante ad andare a scuola perché non voleva sentirsi diverso dai suoi compagni che stavano studiando a distanza. La madre ha detto che la scuola ha ascoltato le esigenze di suo figlio e gli ha permesso di frequentare in presenza due o tre giorni alla settimana. In altri giorni si collegava alle videolezioni con la sua classe e lavorava con l’insegnante di sostegno. “Poi, piano piano, è stato lui ad aver deciso di aumentare [il numero di giorni a scuola] e poi ha deciso di andare sempre”, ha detto la donna. “A volte c’erano anche due o tre compagni [senza disabilità] con lui, in altri giorni era da solo. Però alla fine è andato volentieri.”
L’istituto Salvemini di Casalecchio di Reno ha una lunga esperienza nell’educazione inclusiva. Carlo Braga, il preside, ha detto che la scuola ha fatto importanti investimenti in attrezzature negli anni prima della pandemia. Dopo la chiusura delle scuole a marzo 2020 la scuola ha comprato altri dispositivi per studenti, ma anche microfoni e attrezzatura video per le classi. “Sono investimenti strutturali per la scuola, che non sono emergenziali”, ha detto Braga. “Sono cose che rimarranno”.
Nonostante l’esperienza della scuola nel tema dell’educazione inclusiva, i dirigenti hanno ammesso le difficoltà a organizzare le attività durante i lockdown. “Eravamo già abbastanza esperti nell’inclusione, ma devo dire che è stato molto difficile organizzare tutto quanto”, ha detto Ghiddi, la vicepreside, aggiungendo che le difficoltà principali erano le preoccupazioni per i rischi per la salute e la mancanza di interesse a frequentare tra alcuni studenti con e senza disabilità.
Altre soluzioni per la didattica in presenza durante chiusure di scuole legate alla pandemia
Altre scuole hanno adottato modelli di inclusione differenti. Per esempio l’Istituto Comprensivo Via Nitti di Roma, che conta 1.180 studenti tra cui 43 studenti con disabilità, è rimasto chiuso per due settimane a marzo 2021 a causa dell’andamento della pandemia. La dirigenza della scuola ha organizzato laboratori non curriculari per studenti con e senza disabilità, mentre le lezioni si tenevano online.
“All’interno dell’istituto comprensivo, sin dalla sua nascita nell’anno scolastico 2012-2013, il tema dell’inclusione dei ragazzi con disabilità è per noi un elemento fondante”, ha detto la preside Elisamarzia Vitaliano. All’inizio del lockdown a marzo i dirigenti hanno scritto ai genitori per spiegare che cosa la scuola avrebbe offerto in termini di attività in presenza. “Abbiamo detto che avremmo attivato dei laboratori [per studenti con disabilità] e abbiamo detto che sarebbe stato opportuno che partecipassero anche altri compagni”, ha detto Vitaliano.
Chi ha deciso di venire a scuola ha partecipato ai laboratori per tre ore e mezza al giorno, dedicati ad ambiti come l’orto, la musica e l’arte. Alcuni dei laboratori erano organizzati insieme ad associazioni locali. I laboratori si sono tenuti soltanto nella scuola media perché le famiglie dei bambini della scuola elementare non hanno espresso interesse a partecipare.
“Francesco è andato tutti i giorni a scuola, era molto importante perché hanno garantito la routine”, ha detto Federica Morelli, madre di un bambino con autismo di 13 anni, aggiungendo che ogni giorno suo figlio era accompagnato da due o tre compagni che ruotavano su diversi giorni della settimana. Morelli ha aggiunto che il fatto di interagire in un piccolo gruppo ha dato ad alcuni dei bambini l’opportunità di conoscere meglio suo figlio “in un contesto più tranquillo, senza distrazioni”.
In un’altra scuola elementare di Roma alunni con disabilità hanno frequentato in presenza tutti i giorni per tre ore, mentre alcuni compagni senza disabilità venivano due giorni alla settimana. Insegnanti curriculari facevano lezioni dalla scuola e quindi gli alunni presenti a scuola si collegavano da lì alle lezioni online con gli altri compagni.
Didattica in presenza soltanto per alunni con disabilità
Altre scuole, tra cui il liceo Giovanni Pascoli a Bolzano, nel nord d’Italia, hanno offerto didattica in presenza soltanto ad alunni con disabilità. Quando le scuole superiori sono state chiuse all’inizio di novembre, i collaboratori all’integrazione del liceo Pascoli hanno contattato i loro studenti con disabilità e le loro famiglie per parlare delle opzioni per la loro didattica. Le ordinanze emesse dalle autorità della provincia di Bolzano hanno permesso la didattica in presenza per alunni con disabilità, ma non hanno menzionato l’inclusione di compagni senza disabilità.
Studenti con disabilità che hanno frequentato in presenza a volte si sono collegati dalla scuola per partecipare alle lezioni online con le loro classi. Altrimenti hanno lavorato individualmente con insegnanti di sostegno e collaboratori all’integrazione, oppure hanno partecipato a laboratori con altri studenti, dedicati tra le altre cose a circomotricità, danza e musicoterapia.
Studenti del liceo Pascoli intervistati da Human Rights Watch hanno raccontato di essere stati contenti di venire a scuola. “È meglio a scuola”, ha detto Edoardo, uno studente di 19 anni con disabilità intellettiva che frequenta l’ultimo anno di scuola superiore. “Non mi piaceva stare sempre a casa”.
Genitori di ragazzi con disabilità iscritti al liceo Pascoli hanno ritenuto che l’opportunità di imparare in presenza, anche se non in una maniera pienamente inclusiva, fosse essenziale perché i loro figli potessero continuare la loro istruzione in modo efficace. “È brutto perché non stanno con i compagni”, ha detto Monica Bonomini, la madre di un ragazzo di 19 anni con una disabilità intellettiva, “ma è meglio che niente. Senza sarebbe peggio, ho visto un arretramento nelle sue capacità stando sempre a casa. Sono un bel gruppo, si divertono”.
Sabine Bertagnolli, il cui figlio Matteo, 14 anni, frequenta la prima classe al liceo Pascoli, ha detto che “alcune famiglie si sono lamentate che si tornava alle classi separate, che i ragazzi disabili erano di nuovo separati. Ma io sono […] grata e poi l’inclusione si può fare in altri modi”.
Altri genitori hanno sottolineato che l’opzione di didattica in presenza, anche se non inclusiva come al solito, era fondamentale per dare continuità all’istruzione per i loro figli, visto che la DaD non rispondeva ai loro bisogni educativi. Non tutti gli alunni con disabilità erano tenuti a frequentare la scuola in presenza, anche se avevano un insegnante di sostegno e un assistente. Potevano scegliere se frequentare in presenza o continuare a seguire la didattica a distanza.
“È una cosa bella che possono andare a scuola, hanno bisogno di compagnia, di stare insieme”, ha sottolineato la madre di una ragazza con disabilità intellettiva e fisica, per la quale la didattica a distanza non era adeguata, sottolineando che sua figlia, che ha 16 anni e frequenta la terza in una scuola media di Bolzano, “non [era] in grado di seguire lezioni sul tablet. Lei non parla, solo parole singole. Lei guarda un po’, ma non le interessa la videolezione.”
Un’altra madre, il cui figlio di 12 anni ha l’autismo e non è verbale, ha detto che nonostante gli sforzi da parte della scuola e della famiglia, la didattica a distanza non ha funzionato. “È mancato tutto l’aspetto sociale, lui è sparito [per gli altri alunni] perché non poteva più partecipare”.
La scelta riguardo alla didattica in presenza o a distanza
Le scuole esaminate da Human Rights Watch che hanno offerto la didattica in presenza a studenti con disabilità hanno permesso loro di scegliere se frequentare o studiare a distanza. La possibilità di scegliere è stata importante per molti studenti e genitori. Al liceo Pascoli e in altre scuole alcuni studenti con disabilità, spesso quelli per i quali la didattica a distanza era accessibile, hanno preferito di non frequentare e hanno scelto la didattica a distanza. In quel caso, si collegavano individualmente con insegnanti di sostegno che li aiutavano con la comprensione, con i compiti e con l’organizzazione.
Uno studente 18enne con autismo ha detto di aver scelto di non partecipare alla didattica in presenza, spiegando che per lui la DaD aveva dei vantaggi, anche se gli mancavano i compagni di classe.
Personale di qualche altra scuola ha riferito che alcuni alunni con disabilità hanno scelto di studiare da remoto. Per esempio, un’insegnante di sostegno in un istituto professionale di Milano ha detto che soltanto 15 degli 85 studenti con disabilità iscritti alla scuola hanno deciso di frequentare tutti i giorni, mentre gli altri hanno deciso che la didattica a distanza andava bene per loro.
La madre di un bambino di 8 anni con autismo iscritto a una scuola elementare a Roma ha detto di aver deciso di non mandarlo a scuola perché la didattica a distanza era accessibile per lui e perché non era chiaro se a scuola sarebbero stati presenti dei compagni senza disabilità.