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UE/Italia: Chiudere i porti mette a rischio la vita dei migranti e dei rifugiati

Gli Stati dovrebbero consentire alle imbarcazioni di salvataggio di sbarcare, mentre proteggono la salute

Membri dell'equipaggio lavorono sulla nave di salvataggio Alan Kurdi, gestita dall’onlus tedesco Sea Eye. La nave di salvataggio Alan Kurdi ha attualmente a bordo 150 persone salvate, ma le viene impedito di attraccare in qualsiasi porto europeo. © 2020 Sally Hayden/AP Images

(Milano) - Le azioni dei governi europei, volte a chiudere i loro porti alle persone salvate in mare, mettono a rischio vite umane e non possono essere giustificate da motivi di salute pubblica, ha detto oggi Human Rights Watch. L'imperativo di proteggere il diritto alla salute nella pandemia può essere assolto senza compromettere il salvataggio di vite umane.

Gli eventi recenti e in corso nel Mar Mediterraneo sollevano serie preoccupazioni sul fatto che i paesi dell'Unione Europea (UE) utilizzeranno la pandemia COVID-19 come pretesto per sottrarsi alle responsabilità, che il diritto internazionale impone loro, di rispondere alle imbarcazioni in difficoltà in mare, di mettere in atto o coordinare le operazioni di soccorso all'interno delle loro aree di ricerca e salvataggio e di garantire lo sbarco tempestivo in un porto sicuro.

In particolare, il 7 aprile 2020 il governo italiano ha emanato un decreto-legge nel quale dichiara i suoi porti "non sicuri" per lo sbarco delle persone salvate in mare "per tutta la durata dell'emergenza sanitaria nazionale".

"La pandemia COVID-19 ricorda a tutti noi il valore della vita e quanto siamo collettivamente disposti a fare per proteggere i più vulnerabili tra noi", ha detto Judith Sunderland, direttrice associata per l'Europa e l'Asia centrale di Human Rights Watch. "Ora è il momento di mostrare la stessa determinazione nel salvare vite umane in mare e nel portare le persone in salvo in Europa, dove le autorità possono e devono prendere misure ragionevoli ed eque per proteggere la vita delle persone salvate, insieme alla salute pubblica in generale".

La mossa dell'Italia arriva mentre Alan Kurdi, una nave di salvataggio gestita dall'organizzazione non governativa tedesca Sea-Eye, si trova in acque italiane con 150 persone a bordo, a seguito di due salvataggi in acque internazionali al largo della costa libica il 6 aprile. L'Italia dovrebbe abolire il decreto e assegnare immediatamente ad Alan Kurdi un porto sicuro, ha detto Human Rights Watch.

Sea-Eye è l'unica organizzazione di salvataggio attualmente operante nel Mediterraneo.  Altri due principali gruppi di soccorso, Sea Watch e SOS MEDITERRANEE, in collaborazione con Medici Senza Frontiere, non sono tornati in acque internazionali dopo essere stati messi in quarantena per 14 giorni, dopo le ultime missioni di fine febbraio.

Il 6 aprile il Ministero degli Interni tedesco ha informato tutte le organizzazioni di soccorso tedesche che l'Italia e Malta avevano indicato al governo tedesco che non avrebbero permesso alcuno sbarco e ha invitato i gruppi a sospendere le operazioni di soccorso.

Secondo il diritto internazionale, le misure di salute pubblica devono essere proporzionate, non discriminatorie e basate sulle prove scientifiche disponibili. Può essere ragionevole sottoporre coloro che arrivano ad un periodo di isolamento o di quarantena. Tuttavia, la pandemia non può giustificare divieti generalizzati di sbarco, che mettono a rischio i diritti alla salute di coloro che si trovano a bordo. I divieti violano anche i doveri internazionali di garantire l'accesso all'asilo e di non rimpatriare nessuno in un luogo dove si rischia la tortura o altri maltrattamenti proibiti.

I paesi dell'UE dovrebbero mettere in atto sistemi per garantire che questi obblighi fondamentali coesistano con le misure di salute pubblica, ha detto Human Rights Watch. Le persone che arrivano via mare, siano esse in quarantena o meno, dovrebbero essere sistemate in strutture che garantiscano distanziamento sociale, adeguato monitoraggio sanitario e l'accesso alle cure. A causa dell'alto rischio di trasmissione del virus nelle strutture di detenzione, le autorità dovrebbero utilizzare, quanto più possibile, alternative alla detenzione.

Due imbarcazioni autonome e che trasportavano un totale di circa 124 persone hanno raggiunto Lampedusa, l'isola italiana nel Mediterraneo, nella notte tra il 7 e l'8 aprile. La linea telefonica di emergenza non governativa, Alarm Phone, ha dichiarato che Malta non ha risposto alle ripetute segnalazioni su una delle imbarcazioni mentre attraversava la vasta area di ricerca e salvataggio maltese. Le autorità stanno organizzando i trasferimenti in Sicilia perché nell’hotspot di Lampedusa c’è un altro gruppo di persone, arrivato nei giorni scorsi, in quarantena.

Il 20 marzo, una motovedetta greco-cipriota ha rifiutato l'ingresso nel porto a un’imbarcazione sovraffollata che trasportava oltre 175 siriani, motivando il divieto d'ingresso nel paese con il nuovo coronavirus. Molti di coloro che si trovavano sul battello volevano raggiungere le famiglie presenti sull'isola.

Un giornalista di Al Jazeera che ha parlato con alcune persone sulla barca ha riferito che una donna siriana di Aleppo ha detto: "La polizia ha detto che non potete entrare a causa del coronavirus, abbiamo detto ... se avete paura del coronavirus potete metterci in un campo da soli o in quarantena. Ma si sono rifiutati..." La barca si capovolse al largo della costa di Cipro Nord occupata dai turchi. Tutti sono stati salvati e si trovano ora nella parte settentrionale dell'isola.

"Le pandemie non eliminano le ragioni per cui le persone rischiano la vita in mare, e non dovremmo permettere che questa pandemia elimini i nostri valori", ha detto Sunderland. "Il mondo sta preparando una risposta senza precedenti alla pandemia COVID-19 che minaccia la vita. Come possiamo, nello stesso momento, voltare le spalle alle persone che rischiano la loro vita in mare?".

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