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Ancora morti nel Mediterraneo

Anche dopo il naufragio di Crotone, l'Italia e l'Unione Europea continuano a ignorare il diritto internazionale sui salvataggi in mare

Un pezzo dell'imbarcazione e un capo di abbigliamento per bambini dal tragico naufragio di migranti a Steccato di Cutro, vicino a Crotone, Italia, 28 febbraio 2023.  © 2023 Remo Casilli/Reuters

Altre trenta persone sono morte di recente nel Mediterraneo a causa delle crudeli politiche migratorie europee. La tragedia arriva solo due settimane dopo che le autorità italiane non sono intervenute per soccorrere un'imbarcazione in difficoltà a 150 metri dalla costa italiana vicino a Crotone. Sono annegate oltre 81 persone, tra cui 33 bambini.

L'11 marzo, il centralino di emergenza in mare Alarm Phone ha fornito alle autorità italiane, maltesi e libiche la posizione di 47 persone in difficoltà su un'imbarcazione di legno, che si trovava alla deriva in acque internazionali, in condizioni meteorologiche pericolose.

In quel momento l'imbarcazione si trovava all'interno della vasta zona SAR (di ricerca e salvataggio) libica, la cui creazione è stata promossa dall'Italia e dall'UE nel tentativo di eludere i loro obblighi previsti dal diritto internazionale di salvare migranti in pericolo in mare e sbarcarli in un luogo sicuro. L’istituzione di questa area ha invece facilitato l’intercettazione di migliaia di migranti da parte dell'abusiva guardia costiera libica e il loro ritorno in Libia, dove subiscono gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani.

In base alla Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio in mare, le autorità libiche sono responsabili del coordinamento dei soccorsi in quell'area, ma se non sono in grado di farlo, anche gli Stati costieri più vicini considerati una destinazione sicura (in questo caso Italia e Malta) hanno il dovere di intervenire.

Per 27 ore, le autorità italiane non solo si sono rifiutate di intervenire, ma hanno anche dato istruzioni ai mercantili vicini di fare lo stesso e di contattare le autorità libiche. Nonostante abbia ricevuto motovedette e centinaia di milioni di euro dall'Italia e dall'Unione Europea, la guardia costiera libica non è intervenuta in soccorso. Solo 17 persone sono sopravvissute quando l'imbarcazione si è rovesciata.

Questa è solo l'ultima tragedia causata non solo dalle violazioni intenzionali da parte dell'Italia e dell'Unione Europea dei loro obblighi sanciti dal diritto internazionale, ma anche dalla criminalizzazione e ostruzione delle navi di soccorso dei gruppi umanitari, e dalla ingente assistenza alle autorità libiche per intercettare e riportare in Libia migranti e rifugiati.

Finché l'Italia, gli altri Stati membri e le istituzioni dell'Unione Europea non smetteranno di assistere le autorità libiche nelle loro violazioni dei diritti umani non permetteranno alle navi di soccorso dei gruppi umanitari di condurre salvataggi senza ostruzioni, non revocheranno l'area di ricerca e salvataggio libica, e non avvieranno una missione europea di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo, saranno responsabili di molte altre morti in mare.

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