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Un passo avanti verso la tutela del diritto all'aborto in Italia

La revisione delle linee guida sull'aborto farmacologico contribuirà a garantire un'assistenza sicura e legale

Striscioni e poster di un sit-in di attiviste Pro-Choice, organizzato dalla Rete Italiana Contraccezione Aborto, presso il Ministero della Saluta a Roma il 2 luglio 2020. Le attiviste e le organizzazioni hanno chiesto una contraccezione gratuita e accessibile e la garanzia dell’accesso all’aborto. © 2020 Matteo Nardone/Pacific Press/LightRocket via Getty Images

L'Italia farà presto un importante e atteso passo avanti per garantire alle donne e alle ragazze la possibilità di esercitare i loro diritti riproduttivi. Lo scorso fine settimana, il Ministro della Salute, Roberto Speranza, ha annunciato sui social media che la revisione delle obsolete linee guida nazionali allenterà le restrizioni sull'aborto farmacologico - un modo sicuro per interrompere la gravidanza con uso di farmaci piuttosto che di metodi chirurgici più invasivi.

L'annuncio non è arrivato tempestivamente per donne come "Elisabetta", che ha cercato di abortire con metodo farmacologico dopo aver scoperto di essere incinta all'inizio di aprile. Questo anche perché la pandemia di Covid-19 ha aggravato gli ostacoli esistenti per l'aborto legale in Italia.  "Ho chiamato tutti gli ospedali della provincia di Milano", ha detto. "Alcuni mi hanno detto di aver sospeso il servizio [a causa del Covid-19], altri che non lo fanno proprio". Quando Elisabetta ha trovato un ospedale per abortire in una città a circa 60 chilometri di distanza, il medico le ha detto che aveva superato il termine legale per l'aborto farmacologico.

Finora in Italia, l'aborto farmacologico è stato consentito solo entro la settima settimana di gravidanza - quando alcune persone potrebbero non sapere di essere incinte - e le linee guida nazionali prevedono che i farmaci siano somministrati durante un ricovero di tre giorni. Eppure, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) afferma che l'aborto farmacologico può essere autonomamente gestito in sicurezza dalle donne entro a dodicesima settimana di gravidanza. In Italia l'aborto chirurgico può essere praticato in un ambulatorio o in day hospital; tuttavia, solo 5 regioni su 20 consentono l'aborto farmacologico in regime ambulatoriale.

A seguito di pressioni esercitate da organizzazioni locali, il Ministero della salute ha annunciato nuove linee guida che permetteranno l'aborto farmacologico fino a nove settimane in regime ambulatoriale.

Un migliore accesso all'aborto farmacologico contribuirà a garantire l'attuazione della legislazione nazionale, che permette l'aborto durante i primi 90 giorni di gravidanza per qualsiasi motivo. Tuttavia, i requisiti gravosi e l'ampio uso dell'"obiezione di coscienza" che nega i servizi relativi all’aborto da parte del personale medico costringono donne come Elisabetta ad affannarsi per trovare assistenza entro i tempi previsti dalla legge. La legge italiana impone alle autorità di garantire che l'obiezione di coscienza non impedisca l'aborto legale. Ciononostante, essa non viene né rispettata né applicata.

Le modifiche alle linee guida nazionali sull’aborto farmacologico rappresentano un importante passo avanti al fine di garantire alle donne e alle ragazze l'assistenza sanitaria di cui hanno bisogno. Il governo dovrebbe monitorare le autorità sanitarie regionali per assicurarsi che attuino tali misure, rispettino la legge ed i diritti riproduttivi delle donne e delle ragazze.             

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