(Bruxelles) – Si dovrebbero dare, ai migranti attualmente detenuti in Paesi europei in attesa di deportazione, delle alternative alla detenzione durante la pandemia Covid-19, ha dichiarato oggi Human Rights Watch.
“Mentre intere società imparano a vivere in lockdown, non dovremmo dimenticarci delle persone che sono rinchiuse perché hanno i documenti sbagliati,” ha detto Judith Sunderland, direttrice associata per Europa e Asia centrale a Human Rights Watch. “In tutta Europa, le autorità dovrebbero adottare misure per proteggere la salute e i diritti di detenuti e personale nei centri di detenzione per migranti, compreso il loro rilascio, trovando alternative alla detenzione.”
La Commissione Europea dovrebbe lavorare con le autorità competenti delle Nazioni Unite per fornire linee guida chiare sul rilascio e alternative alla detenzione. E su come gli stati membri dell’Unione europea possano assicurare riparo adeguato e sicuro a persone una volta rilasciate. La commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa (CdE) dovrebbe monitorare le pratiche degli stati membri del Consiglio, che comprende tutti gli stati dell’Ue, e sviluppare linee guida più dettagliate se necessario.
Malattie infettive come il Covid-19 pongono un serio rischio a popolazioni che si trovano in istituzioni chiuse come i centri di detenzione per migranti. Queste istituzioni, come è stato più volte riscontrato, forniscono cure mediche inadeguate persino in circostanze normali. In molti centri di detenzione, il sovraffollamento, la condivisione di bagni, e la scarsa igiene rendono pressoché impossibile l’attuazione di misure basilari per prevenire il contagio di Covid-19.
Con i rimpatriforzati, sempre più complicati dai divieti di spostamento, e l’attività dei tribunali più limitate, la ratio per la quale migliaia di persone in tutta Europa debbano essere detenute, in vista di una deportazione imminente, non trova più giustificazione. La Direttiva Ue sui rinvii permette la detenzione in attesa di deportazione fino a 18 mesi, ma dispone che se una “prospettiva ragionevole di allontanamento (…) non sussist[e] più (…) il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata è immediatamente rilasciata.”
Il governo greco, a partire dal 1° marzo, ha attuato una politica di trattenimento dei richiedenti asilo in arrivo al confine e allo stesso tempo ha sospeso l’accesso alle procedure d’asilo.
Migliaia di persone sono attualmente in prigioni e centri di detenzione in tutta la Grecia, in condizioni di igiene o protezione sconosciuti. Da metà marzo, il governo ha trasferito almeno 1300 dei nuovi arrivati dalle isole a centri di detenzione sul continente.
Secondo delle testimonianze raccolte a distanza da Human Rights Watch, le persone nei siti di Malakassa e Serres sono ammassati in tende con poco o niente per mantenere l’igiene personale. Il 17 marzo, dei campi nelle cinque isole egee sono stati messi in stato di lockdown, intrappolando circa 37500 persone in centri gravemente sovraffollati dove le condizioni sanitarie, di protezione, di accesso all’acqua, e igieniche, sono terribili.
Il governo italiano ha adottato misure sempre più restrittive per proteggere i cittadini dal contagio più grave di Covid-19 in Europa, tra cui una misura per ridurre il sovraffollamento nelle carceri. Tuttavia, le autorità non hanno ancora adottato misure chiare e trasparenti per affrontare la situazione di persone detenute per via del loro status immigratorio. Si stima che 381 persone si trovino detenute in attesa di deportazione nonostante la maggior parte dei Paesi abbia bandito i voli dall’Italia. Il 12 marzo, il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute ha fatto appello al governo affinché ne considerasse il rilascio; dei giudici hanno emesso ordini di rilascio particolari sulla base del fatto che la deportazione non era attuabile.
Il 23 marzo, 130 organizzazioni della società civile hanno fatto appello al governo perché applicasse delle alternative alla detenzione per chiunque si trovasse in centri di detenzione per migranti e nei cosiddetti hotspot, e per una progressiva chiusura dei centri, chiamando in causa la difficoltà di garantire la salute di detenuti e personale.
La Francia non ha adottato alcuna misura a livello nazionale per proteggere la salute di circa 340 persone in centri di detenzione per migranti sparsi in tutto il Paese. Vari centri di detenzione sono vuoti per disposizioni individuali di giudici che hanno ordinato il rilascio di detenuti per ragioni di salute, e perché la deportazione non è attuabile. Dato che gli ordini di deportazione non sono stati revocati, in teoria chiunque sia stato rilasciato può essere nuovamente detenuto entro sette giorni se si trova ancora su territorio francese. Le più autorevoli voci sui diritti umani in Francia hanno affermato, recentemente, che la detenzione di immigrati è “al giorno d’oggi, una misura che pone grandi rischi di salute pubblica non giustificati, data l’impossibilità di espulsione.”
Alcuni Paesi Ue e limitrofi hanno fatto dei passi avanti. Il 18 marzo, le autorità migratorie in Spagna hanno affermato che avrebbero cominciato a rilasciare detenuti in base a valutazioni da farsi caso per caso, senza escludere possibilità di portare a compimento la deportazione. Le autorità federali in Belgio hanno rilasciato circa 300 persone il 19 marzo perché le condizioni detentive non permettevano loro di attuare le misure di distanziamento sociale. Mentre la Germania non sembra aver adottato una politica nazionale, il ministro federale dell’interno ha detto che ci sarebbero state meno deportazioni nel futuro immediato, e molti centri di detenzione sono vuoti. La settimana scorsa, le autorità nel Regno Unito hanno rilasciato circa 300 persone in risposta a un ricorso di Detention Action e di avvocati che affermavano che i propri clienti erano esposti all’infezione per via della detenzione.
Secondo il diritto internazionale dei diritti umani, chiunque, compresi i detenuti, ha diritto “a godere delle migliori condizioni di salute fisica e mentale che sia in grado di conseguire.” Gli Stati hanno l’obbligo di assicurare che le cure mediche per coloro che sono detenuti siano equivalenti almeno al livello medio della popolazione, e non devono limitare un accesso equo a cure preventive, terapeutiche, o palliative. Le misure per prevenire la diffusione di malattie in stato di reclusione dovrebbero fondarsi sulla migliore scienza a disposizione, essere commisurate e limitate quanto ad ambito e durata, senza lesinare sforzi per la salvaguardia del benessere mentale dei detenuti.
In una dichiarazione di principi sul trattamento delle persone private della libertà personale nell’ambito della pandemia del coronavirus, il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, un organo del CdE, ha chiesto alle autorità di usare alternative alla detenzione e di “evitare per quanto possibile la detenzione dei migranti.” Il 25 marzo, un organo parallelo, la Sotto-commissione Onu per la prevenzione della tortura, ha fatto appello a tutti gli Stati di ridurre la popolazione dei centri di detenzione e dei campi profughi “al più basso livello possibile.” Lo stesso giorno, l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani Michelle Bachelet ha affermato che i governi dovrebbero “lavorare velocemente per ridurre il numero delle persone in stato di detenzione” per mitigare il rischio che il Covid-19 “infierisca (…) su popolazioni estremamente vulnerabili.” Il 26 marzo, la Commissaria del Consiglio d’Europa per i diritti dell’uomo Dunja Mijatović ha ribadito l’appello per il rilascio, nei limiti del possibile, delle persone che si trovano nei centri di detenzione per immigrati.
La Commissione europea dovrebbe sviluppare delle linee guida per gli stati membri dell’Ue sulla protezione della salute di persone detenute in centri di detenzione per migranti. Queste linee guida dovrebbero includere delle raccomandazioni agli stati membri per rilasciare individui la cui deportazione non sia più possibile in tempi ragionevoli e, se necessario, dare priorità a coloro i quali vanno incontro a rischi più elevati se dovessero contrarre il virus in detenzione, come anziani o persone con disabilità. Le linee guida dovrebbero delineare alle autorità nazionali le misure da adottare per proteggere la salute pubblica, come il monitoraggio e l’imposizione di quarantene e i requisiti di isolamento, o altre misure per le persone rilasciate dai centri di detenzione per migranti, purché tali misure siano necessarie e proporzionate.
Nessuno dovrebbe ritrovarsi senzatetto o in una situazione di indigenza a seguito di un rilascio, ha detto, Human Rights Watch. Picum, un network di organizzazioni che difende i diritti di migranti privi di documenti, raccomanda agli stati di mobilizzare hotel, edifici inutilizzati e strutture sportive, se necessario, per fornire un riparo sicuro e adeguato che permetta il distanziamento sociale.
“Tutti hanno diritto alla salute e alla protezione da sofferenze non necessarie” ha detto Sunderland. “È per questo che le autorità devono trovare alternative alla detenzione di persone immigrate immediatamente.”