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Lettera alla Commissione europea sull’utilizzo di fondi dell’UE da parte dell’Italia per costruire campi per i lavoratori migranti in violazione dei diritti fondamentali

Insediamento informale “La Pista” a Borgo Mezzanone, regione Puglia, Italia, 1 luglio 2020.  © 2020 Giorgia Orlandi, @giorgiaorlandi_

Ylva Johansson

Commissaria europea per gli Affari Interni

Nicolas Schmit 

Commissario europeo per il Lavoro e i Diritti Sociali

Commissione europea

Rue de la Loi 200

1049 Bruxelles

Berlino, 4 aprile 2023

Oggetto: Uso dei fondi europei da parte dell’Italia per costruire campi per i lavoratori migranti in violazione dei diritti fondamentali

Gentili Commissari Johansson e Schmit,

con questa lettera desideriamo condividere le nostre preoccupazioni e raccomandazioni sui fondi dell’Unione Europea utilizzati dall’Italia per costruire alloggi temporanei per i lavoratori migranti. Il materiale che abbiamo esaminato, che include documenti ricevuti dalle autorità italiane, indicano che al momento questi finanziamenti stanno contribuendo ad aggravare, anziché risolvere, lo stato di ghettizzazione, vulnerabilità e segregazione dei lavoratori migranti nelle aree rurali, consolidando le loro condizioni di vita precarie.

Per garantire che i fondi europei siano spesi in conformità alle politiche e linee guida dell’UE sull’inclusione, il contrasto della discriminazione e la desegregazione, rivolgiamo un appello alla Commissione europea affinché svolga un’indagine approfondita per verificare come vengono impiegati tali fondi in Italia e, laddove necessario, li riassegni a iniziative che promuovano l’integrazione dei lavoratori migranti e il loro accesso a un alloggio dignitoso.

I fondi concessi all’Italia attraverso il Fondo asilo, migrazione e integrazione (FAMI) 2014-2020 e il Fondo sociale europeo (FSE) 2014-2020 sono stati utilizzati per finanziare i progetti “Su.Pr.Eme.” e “P.I.U. Su.Pr.Eme.”, che annoverano tra gli obiettivi dichiarati quello di offrire soluzioni abitative per superare il problema degli insediamenti informali, concentrati soprattutto nelle zone agricole dell’Italia meridionale. Gli ulteriori finanziamenti dal fondo Next Generation EU – NGEU sono stati stanziati per sostenere progetti degli enti locali che offrano soluzioni abitative ai lavoratori migranti e il definitivo superamento degli insediamenti informali.

Come hanno ampiamente documentato organizzazioni autorevoli come l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), MEDU (Medici per i Diritti Umani), INTERSOS (organizzazione non governativa umanitaria) e gli avvocati dell’ADU (Associazione Diritti Umani), e come riconoscono le stesse autorità nazionali, gli insediamenti informali ospitano migliaia di migranti impiegati nel settore agricolo con le loro famiglie, in violazione dei loro diritti a un alloggio adeguato, all’assistenza sanitaria e al sostegno sociale, oltre a frequenti violazioni dei loro diritti di lavoratori. Secondo le stime dell’ANCI, sono oltre 10.000 i lavoratori residenti in questi luoghi che l’associazione stessa, insieme a molte altre fonti, descrive come insalubri, precari e sovraffollati, di solito senza  accesso ad acqua corrente, servizi igienici funzionanti, gas, elettricità o riscaldamento. Dal 2016, almeno 14 persone hanno perso la vita negli insediamenti informali a causa delle condizioni precarie, dei frequenti incendi e dell’inalazione dei fumi provenienti dagli apparecchi pericolosi e rudimentali usati per sopravvivere al gelo invernale. Inoltre, la mancanza di un indirizzo formale spesso impedisce ai lavoratori migranti in questi insediamenti di ottenere la documentazione legale necessaria per registrare la residenza, accedere a cure mediche specializzate, rinnovare il permesso di soggiorno e ricevere sostegno sociale.

Per meglio comprendere il ruolo dei fondi dell’Unione europea, Human Rights Watch ha consultato una vasta selezione di fonti, rapporti, articoli di giornale e dati governativi di pubblico dominio, oltre ad intervistare sindacalisti, impiegati di organizzazioni umanitarie e operatori legali locali sul loro lavoro in relazione ai problemi dei lavoratori agricoli migranti che vivono negli insediamenti informali. Dalla nostra ricerca è emerso che una quota degli ingenti investimenti che le autorità locali italiane hanno stanziato per i progetti “Supreme” e “PIU Supreme” è stata destinata alla costruzione di campi di moduli prefabbricati in plastica, chiamati foresterie, accanto agli insediamenti informali esistenti o in zone rurali isolate, lontano dai centri abitati e dai servizi. Come documentato nell’allegato a questa lettera, in genere le foresterie sono composte da centinaia di container di plastica di quattro metri per quattro, non ammobiliati, ognuno dei quali può ospitare fino a quattro persone: il risultato è che centinaia di lavoratori sono concentrati in uno spazio ristretto, con servizi igienici spesso insufficienti.

Per ottenere dati precisi e completi sulle iniziative passate e presenti finanziate dalle autorità italiane per superare il problema degli insediamenti informali, a gennaio 2023 Human Rights Watch ha presentato richieste dettagliate di accesso civico generalizzato sia al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che all’amministrazione della regione Puglia. Al momento della redazione di questa lettera, abbiamo ricevuto solo una quantità limitata di documenti dal Ministero e nulla dall’amministrazione regionale pugliese, malgrado quest’ultima ci avesse assicurato che avrebbe fornito quanto richiesto.

Come illustra più chiaramente l’allegato, i progetti “Supreme” e “PIU Supreme”, sponsorizzati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e volti principalmente a contrastare lo sfruttamento lavorativo e il sistema del caporalato, includono tra gli obiettivi dichiarati quello di fornire soluzioni abitative ai lavoratori migranti che vivono negli insediamenti informali. Il secondo progetto, in particolare, promuove percorsi individualizzati di integrazione per i migranti vulnerabili o vittime di sfruttamento, che comprendono l’assistenza nell’accesso ad alloggi dignitosi. Tuttavia, gli operatori delle organizzazioni umanitarie e dei sindacati locali che lavorano sul posto e assistono i lavoratori migranti vittime di sfruttamento e altri problemi negli insediamenti informali, affermano che le foresterie non hanno migliorato la situazione abitativa né promosso una vera integrazione, e che invece le condizioni delle foresterie si sono gradualmente deteriorate, diventando delle estensioni degli insediamenti informali ed esacerbando la ghettizzazione e l’ isolamento sociale di questi lavoratori agricoli nelle aree rurali, lontano dai centri abitati, dai servizi e dalle comunità locali. Secondo la newsletter del progetto “PIU Supreme” di gennaio 2023,  finora il “budget d’integrazione” ha aiutato solo 18 lavoratori migranti a lasciare gli insediamenti informali e ottenere un alloggio dignitoso.

Tale impiego  dei fondi da parte delle autorità italiane appare incoerente con gli standard dell’UE e le linee guida della Commissione europea.

La “Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Piano d'azione per l'integrazione e l'inclusione 2021-2027”, di novembre 2020, afferma che gli stati membri devono usare i fondi dell’UE, come il Fondo sociale europeo e il Fondo asilo e migrazione, per contrastare la discriminazione dei migranti sul mercato immobiliare e promuovere alloggi non segregati, adeguati e a prezzi accessibili per i migranti e i cittadini dell'UE provenienti da un contesto migratorio. In particolare, la Commissione europea raccomanda agli stati membri di promuovere il prima possibile modelli abitativi autonomi (piuttosto che alloggi collettivi) per i rifugiati e i richiedenti asilo, che rappresentano oltre il 30% dei lavoratori migranti che vivono negli insediamenti informali in Italia.

La direttiva sull’uguaglianza razziale (2000/43/CE) impone a tutti i paesi membri di combattere le discriminazioni, in particolare quelle basate sulla razza o sull'origine etnica, soprattutto in materia di protezione sociale, istruzione e accesso ai beni e ai servizi, compreso l’alloggio. La segregazione è discriminatoria perché implica un trattamento sfavorevole o un particolare svantaggio ingiustificato, entrambi vietati dalla direttiva.

La guida della Commissione europea di novembre 2015, “Guida per gli stati membri sull’uso dei fondi strutturali e di investimento europei contro la segregazione educativa e alloggiativa”, sottolinea che gli interventi devono seguire i principi della non segregazione e della desegregazione. I fondi strutturali e di investimento europei non devono essere usati “per erigere nuove strutture isolate o rafforzare quelle già esistenti” e gli investimenti destinati agli alloggi e all’istruzione “non devono causare una maggiore concentrazione né un ulteriore isolamento fisico dei gruppi emarginati”. Tali investimenti non devono quindi “contribuire a perpetuare la segregazione delle comunità emarginate”.

Come illustrato in precedenza, il modo in cui le autorità italiane hanno usato parte dei finanziamenti del FAMI e del FSE stanziati per i progetti “Supreme” e “PIU Supreme” per costruire, rinnovare e gestire foresterie di container in plastica adiacenti agli insediamenti informali ha contribuito ad un aumento della concentrazione dei lavoratori agricoli migranti e del loro isolamento nelle zone rurali, in condizioni malsane e non sicure, in chiara violazione degli standard e delle linee guida per l’uso dei fondi dell’UE. Il sostegno dell’Unione in quest’ambito resta cruciale e può avere un ruolo importante per alleviare le sofferenze dei migranti e trovare soluzioni, ma solo se destinato a promuovere percorsi efficaci verso alloggi autonomi e dignitosi, in centri abitati vicini ai servizi e alle comunità locali.

Le informazioni ricevute dalla delegazione dell’UE in Italia indicano che il progetto “Supreme”, conclusosi a ottobre 2022, è stato monitorato dalla Commissione in quanto era finanziato attraverso il fondo FAMI per le misure emergenziali. Era  un progetto pilota di emergenza, con un’attenzione limitata per soluzioni a lungo termine. La delegazione dell’UE ha spiegato a Human Rights Watch che il progetto “PIU Supreme”, tuttora in corso e focalizzato su soluzioni più durature, non è sottoposto allo stesso livello di monitoraggio perché è finanziato dal FSE, che prevede procedure diverse.

A maggio 2022, nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (che sarà finanziato dal programma Next Generation EU – NGEU), il governo italiano ha stanziato 200 milioni di euro alle amministrazioni locali delle regioni a più alta concentrazione di insediamenti informali, quasi 114 dei quali destinati ai soli comuni della regione Puglia, per sostenere progetti che offrano soluzioni abitative ai lavoratori migranti e consentano il definitivo smantellamento degli insediamenti informali. Purtroppo, però, i media e i gruppi della società civile hanno segnalato l’intenzione di molte amministrazioni locali di usare questi fondi per costruire altre foresterie. La preoccupazione è che le cospicue risorse disponibili vadano nuovamente sprecate per interventi inefficaci e controproducenti, che perpetuerebbero la segregazione dei lavoratori migranti in violazione dei loro diritti fondamentali. In questa fase, con queste ingenti risorse disponibili per soluzioni abitative sostenibili e a più lungo termine, è imperativo rafforzare il monitoraggio sul loro utilizzo.

Per garantire che i finanziamenti del FSE e del programma NGEU in Italia siano impiegati in modo coerente con gli standard dell’UE e  tutelino concretamente i diritti fondamentali dei lavoratori migranti vulnerabili, è importante che la Commissione europea e le altre istituzioni comunitarie esercitino un monitoraggio più stringente del loro utilizzo e svolgano valutazioni d’impatto approfondite.

A tal proposito, saremmo lieti di ricevere informazioni sulle misure adottate dalla Commissione e dalle altre istituzioni europee competenti per accertare che i finanziamenti del FAMI e del FSE forniti all'Italia per i progetti “Supreme” e “PIU Supreme” siano stati utilizzati nel rispetto dei diritti fondamentali e degli standard dell'Unione.

Vorremmo inoltre invitarVi a:

  • svolgere un’analisi aggiornata, completa e approfondita sull’uso delle risorse del FSE in Italia nell’ambito del progetto “PIU Supreme”, tuttora in corso, per garantire che i fondi dell’UE non siano più destinati a costruire nuove foresterie, bensì utilizzati per iniziative più efficaci che promuovano l’accesso dei lavoratori migranti a un alloggio autonomo e dignitoso e la loro integrazione, in concerto con la comunità dei migranti stessi;
  • rafforzare il controllo dell’UE sull’uso da parte delle autorità italiane dei 200 milioni di euro stanziati per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), finanziato da Next Generation EU, al fine di risolvere il problema degli insediamenti informali. Garantire che fondi così ingenti non siano utilizzati per allestire nuove foresterie, bensì per iniziative più efficaci che promuovano l’accesso dei lavoratori migranti a un alloggio autonomo e dignitoso e la loro integrazione;
  • portare questi temi all’attenzione delle autorità italiane pubblicamente, in forma scritta e agli incontri formali e informali dell’Unione europea, invocando la fine della costruzione di nuove foresterie e di altri progetti che perpetuano la segregazione e l’emarginazione dei lavoratori agricoli migranti, e subordinando l’erogazione di nuovi fondi al pieno rispetto dei diritti fondamentali, delle leggi europee e dei principi guida delle politiche europee sulla migrazione, l’alloggio e l’integrazione.

Esortiamo la Commissione, e le Vostre Direzioni Generali in particolare, a intervenire affinché le autorità italiane smettano di finanziare progetti in violazione di leggi e principi politici dell'UE che perpetuano le violazioni dei diritti fondamentali dei lavoratori migranti e sono in contrasto con gli obiettivi principali che i fondi dovrebbero contribuire a raggiungere.

Siamo pronti a un incontro in qualunque momento per discutere di questi temi e rimaniamo a disposizione per fornire qualunque informazione necessaria.

Cordialmente,

Hugh Williamson

Direttore esecutivo, Europa e Asia centrale

Human Rights Watch

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Allegato: informazioni aggiuntive sulla situazione dei lavoratori agricoli migranti in Italia

Lo sfruttamento dei lavoratori agricoli migranti che vivono negli insediamenti informali

Il settore dell’agricoltura in Italia è afflitto da problemi significativi legati al lavoro nero, allo sfruttamento e a numerose violazioni delle norme contrattuali e dei diritti dei lavoratori, tra cui salari bassi, buste paga che non riflettono il numero reale di ore lavorate e altre irregolarità. I migranti rappresentano un’alta percentuale della forza lavoro agricola in Italia.

Secondo i dati presentati dall’Istituto Nazionale del Lavoro sulle ispezioni svolte nel settore agricolo nel 2021, il 71,6% circa delle 2.707 posizioni lavorative irregolari individuate riguardavano persone di cittadinanza extra UE, e sono state identificate 304 vittime del caporalato, il sistema illecito di reclutamento e sfruttamento del lavoro basato su intermediari.

I problemi associati con il lavoro agricolo vanno dalla sua natura stagionale ai salari estremamente bassi, dalle irregolarità diffuse nei contratti di assunzione allo sfruttamento e al già citato caporalato, dalla mancanza di meccanismi che facciano incontrare domanda e offerta al costo dei trasporti per spostarsi fra i campi e le zone residenziali.

Per i lavoratori migranti, la situazione è aggravata da fattori più generali come le leggi sull’immigrazione, che rendono la validità e il rinnovo del permesso di soggiorno soggetti al possesso di un contratto di lavoro, e politiche di asilo e di accoglienza inefficienti, che non prevedono lezioni di lingua né formazione professionale per richiedenti asilo e rifugiati riconosciuti. La maggior parte di loro e’ esposta ad un alto rischio di disoccupazione, discriminazione nell’accesso al sostegno sociale e agli alloggi, razzismo e xenofobia diffusi nel settore degli affitti, e molti altri ostacoli.

L’insieme di questi fattori rende i migranti estremamente vulnerabili al rischio di ritrovarsi per strada in stato di indigenza, costringendo molti di loro a diventare lavoratori agricoli e a stabilirsi in insediamenti informali come edifici abbandonati, baraccopoli o tendopoli nelle zone rurali.

Le condizioni disumane e degradanti a cui sono esposti i lavoratori migranti in questi insediamenti sono state documentate da numerose organizzazioni e media autorevoli, tra cui MEDU (Medici per i Diritti Umani), INTERSOS (un’organizzazione non governativa umanitaria) e la Caritas, nonché dai sindacati che rappresentano i lavoratori agricoli. Come illustra un’approfondita indagine e mappatura nazionale sulle condizioni abitative condotta nel 2022 dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) e da Cittalia (la fondazione dell’ANCI sulle politiche sociali), in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, sono più di 10.000 i lavoratori agricoli migranti che vivono negli insediamenti informali, concentrati soprattutto in Puglia, Sicilia, Calabria e Campania.

La ricerca stima che siano oltre 7.253 nella sola regione Puglia, con la “pista” di Borgo Mezzanone (che prende il nome dall’ex aeroporto su cui sorge), il “gran ghetto” di Rignano-Torretta Antonacci e il “ghetto dei ghanesi di Borgo Tre Titoli” a Cerignola che ospitano rispettivamente 4.000, 2.000 e 380 persone. Con ogni probabilità, le cifre reali sono ben più alte, poiché queste stime si basano sui dati forniti dalle amministrazioni locali che hanno risposto ai questionari dell’indagine, che sono circa la metà di quelle contattate.

Oltre il 90% degli insediamenti informali in Italia sono popolati da cittadini di paesi extra-UE, circa un quarto di essi ospita famiglie con bambini. Nonostante alcuni lavoratori stagionali si spostino fra le province o le regioni in base ai tempi di raccolta delle colture, per almeno il 40% dei migranti gli insediamenti informali hanno carattere permanente. Nel 76,6% di questi insediamenti in Italia sono completamente assenti i servizi socio-sanitari statali e non viene fornita alcuna assistenza legale, né corsi di lingua o formazione professionale. Le autorità italiane hanno cercato di affrontare quest’annoso e complesso fenomeno a vari livelli, dalle amministrazioni regionali alle prefetture, con numerose iniziative il cui intento dichiarato era superare gli insediamenti informali, lo sfruttamento lavorativo e il caporalato, migliorando le condizioni di vita per i lavoratori migranti.

Sebbene alcune fossero animate da una certa lungimiranza sugli aspetti interconnessi del fenomeno, molte iniziative si sono risolte solo in uno smantellamento parziale degli insediamenti informali (come per il gran ghetto di Rignano e la pista di Borgo Mezzanone) con la fornitura di soluzioni abitative di emergenza, senza coinvolgere in alcun modo i destinatari degli interventi.

A riprova del fallimento di queste misure temporanee, oltre il 41% degli insediamenti informali in Italia, compresi i più grandi, ha carattere stabile o permanente: 11 esistono da più di 20 anni, 7 sono presenti da oltre 10 anni e 16 da oltre 7 anni.

I progetti “Supreme” e “PIU Supreme” contro il caporalato, lo sfruttamento lavorativo e gli insediamenti informali

Il progetto “Su.Pr.Eme. - Sud Protagonista nel superamento delle Emergenze in ambito di grave sfruttamento e di gravi marginalità degli stranieri regolarmente presenti nelle 5 regioni meno sviluppate” è stato avviato nell’ambito del “Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato” approvato il 20 febbraio 2020 in seno al Tavolo Caporalato, un organismo presieduto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il cui scopo è definire una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura. I finanziamenti del progetto provengono dal Fondo asilo, migrazione e integrazione (FAMI) 2014-2020, gestito direttamente dalla Commissione europea.

Secondo la corrispondenza che Human Rights Watch ha ricevuto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il 25 luglio 2019 la Direzione Generale Migrazione e Affari Interni della Commissione ha approvato un budget di 33.557.713,33 euro per il progetto, di cui 30.237.546,36 finanziati dall'UE. Il progetto, iniziato ufficialmente a ottobre 2019, ha subito forti ritardi e modifiche a causa della pandemia di Covid e si è concluso a ottobre 2022.

Il progetto complementare “P.I.U. Su.Pr.Eme. (Percorsi Individualizzati di Uscita dallo sfruttamento)” è invece finanziato dal Fondo Sociale Europeo 2014-2020 attraverso il Programma Operativo Nazionale Inclusione con un budget di 19.799.680 euro. Ha preso il via a ottobre 2019 ed è tuttora in corso.

Dai diversi documenti esaminati da Human Rights Watch, tra cui le informazioni ricevute dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e un rapporto del 2021 della Fondazione IPRES sulle politiche sociali nella regione Puglia, emerge che una parte cospicua dei finanziamenti dell'UE per i progetti “Supreme” e “PIU Supreme” è stata utilizzata per finanziare la costruzione e le spese correnti delle cosiddette foresterie, campi di container in plastica adiacenti ai grandi insediamenti informali, come quelle di Borgo Mezzanone e Rignano-Torretta Antonacci, quella accanto all’ostello Casa Sankara, e altre nelle campagne isolate intorno a Nardò, Turi, Lesina e Poggio Imperiale. Le condizioni della maggior parte di queste foresterie si sono deteriorate e si sono praticamente trasformate in nuovi insediamenti informali o in estensioni di quelli già esistenti.

A Turi, ad esempio, sono stati spesi 160.000 euro per allestire quello che a giugno 2022 la CGIL ha descritto come un campo profughi improvvisato, dove i lavoratori vivono in container di plastica di quattro metri per quattro, senza alcun arredo e con una semplice pedana di legno sulla quale hanno sistemato le coperte o i materassi di fortuna donati dalle associazioni umanitarie. I pochi servizi igienici e le docce risultano insufficienti, perché la foresteria di Turi era stata progettata per ospitare un massimo di 120 persone, mentre adesso nei container vivono in 185, e altre 350 persone alloggiano lì vicino in tende da campeggio.

Container simili sono stati collocati accanto all'insediamento informale di Borgo Mezzanone e all'adiacente edificio dell'ex CARA (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) che, secondo un piano approvato nel 2021, avrebbe dovuto diventare una grande foresteria per i lavoratori migranti della zona. Ad oggi, però, questo piano non è stato attuato. Alcuni moduli abitativi erano stati collocati accanto al CARA e all'insediamento informale nel 2020, durante la pandemia di Covid-19, per fungere da sistemazione temporanea per i migranti malati. Successivamente, i container sono stati occupati da lavoratori migranti provenienti dai vicini insediamenti informali. Le condizioni si sono deteriorate e la foresteria è diventata un'estensione del precedente insediamento, in cui molti migranti hanno perso la vita nel corso degli anni a causa degli incendi e dell’inalazione dei fumi dei pericolosi bracieri utilizzati per sopravvivere al freddo.

Un altro esempio è la foresteria sorta accanto al “gran ghetto” di Rignano, ora noto come Torretta Antonacci, che conta 106 container di plastica, ognuno occupato da circa quattro migranti, con soli otto container destinati ai servizi igienici e alle docce: i moduli sono ormai stati inglobati nell’insediamento informale e non hanno contribuito in alcun modo a fornire un alloggio dignitoso né una via d’uscita dalla criminalità, dallo sfruttamento e dalle condizioni troppo spesso disumane e rischiose a cui sono esposte queste persone.

Anziché investire in progetti efficaci per far uscire i lavoratori migranti dagli insediamenti informali e promuovere il loro accesso a un alloggio autonomo e dignitoso, vicino ai centri abitati e ai servizi locali, le autorità italiane stanno destinando fondi ingenti a iniziative che, per quanto ben intenzionate e di immediato beneficio per alcuni, hanno l'effetto di consolidare la realtà degli insediamenti informali. Una parte consistente dei finanziamenti viene utilizzata per la fornitura di acqua potabile, servizi fognari e pacchi alimentari negli insediamenti informali, per la creazione di foresterie e per i servizi di sicurezza e vigilanza all'interno di alcune di esse, come quelle di Torretta Antonacci e di Boncuri, nelle campagne vicino a Nardò. Quest'ultimo sito è composto da 80 container in plastica che ospitano solo chi ha un regolare permesso di soggiorno o un contratto di lavoro, mentre tutti gli altri si accampano in baracche di legno e plastica nell'area circostante per accedere ai già insufficienti bagni e servizi del campo.

Secondo una rete di organizzazioni locali della società civile, tra cui MEDU (Medici per i Diritti Umani), anche la foresteria di 100 container in plastica costruita accanto al’ostello di accoglienza sperimentale Casa Sankara, gestito dall’associazione di migranti Ghetto Out, non è un'alternativa abitativa in grado di promuovere l'inclusione sociale e lavorativa né la tutela dei diritti. MEDU afferma che l'isolamento fisico del sito, la mancanza di una pianificazione a medio e lungo termine, il mancato coinvolgimento dei destinatari nel processo decisionale e l'assenza di risultati rilevanti per l'integrazione fanno presagire il fallimento di questo intervento. Secondo le organizzazioni umanitarie che operano negli insediamenti informali e i principali sindacati dei lavoratori agricoli, queste iniziative emergenziali non forniscono né possono fornire soluzioni efficaci alla sistematica segregazione dei lavoratori migranti, alle violazioni quotidiane dei loro diritti fondamentali e all’accesso loro negato a una reale integrazione sociale.

Non tutti i fondi dei progetti “Supreme” e “PIU Supreme” sono stati destinati a interventi che hanno finito per accentuare l'isolamento dei migranti negli insediamenti informali: sebbene gli importi siano stati esigui, alcuni fondi sono andati anche a iniziative e organizzazioni che hanno realizzato interventi complessi a più livelli per cercare di fornire soluzioni abitative dignitose ai lavoratori migranti. Il "budget d’integrazione" rappresenta un esempio positivo in tal senso. Secondo i sindacalisti, i consulenti legali e gli operatori umanitari intervistati da Human Rights Watch, alcuni interventi efficaci contro gli insediamenti informali potrebbero includere: assistenza ai migranti nell'ottenimento di contratti di lavoro regolari per favorire l'affitto di alloggi formali, contatti e intermediazione con i proprietari di immobili per conto dei migranti per superare i diffusi atteggiamenti razzisti, fornitura di garanzie finanziarie e contributi per spese di affitto e caparre, organizzazione di trasporti gratuiti verso i luoghi di lavoro e promozione di un'autentica integrazione sociale dei migranti in centri abitati, con accesso ai servizi e alle comunità locali.

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