(Londra) – Il rifiuto del governo italiano di permettere a circa 250 persone di sbarcare da due navi di soccorso non governative attraccate a Catania e la sua direttiva alle navi di soccorso di riportarle in acque internazionali mette le persone a rischio e viola gli obblighi dell'Italia in materia di diritti umani, ha dichiarato oggi Human Rights Watch.
Nel fine settimana del 5 e 6 novembre 2022, il governo italiano ha permesso alle due navi di soccorso - la Humanity 1, gestita da SOS Humanity, e la Geo Barents, gestita da Médécins Sans Frontières (MSF) - di attraccare temporaneamente al porto di Catania. A seguito di valutazioni sommarie di “vulnerabilità” ordinate dal governo da due medici scelti dalle autorità, è stato consentito lo sbarco di 144 persone dalla Humanity 1 e di 357 persone dalla Geo Barents, soprattutto donne, bambini e uomini con problemi di salute fisica. Uno degli uomini costretti a rimanere sulla Humanity 1 ha poi avuto un collasso ed è stato evacuato in ambulanza, lasciando 34 persone a bordo. Le autorità rifiutano di far sbarcare 215 persone dalla Geo Barents. Uno di loro ha dovuto essere evacuato dal medico durante la notte, lasciando a bordo 214 persone.
“Le azioni del governo espongono persone sopravvissute agli abusi subiti in Libia a potenziali ulteriori danni in modo crudele e negano loro il diritto di chiedere asilo in spregio alle leggi italiane e internazionali”, ha dichiarato Giulia Tranchina, ricercatrice per l'Europa e l'Asia Centrale di Human Rights Watch. “Nessuno dovrebbe essere esposto deliberatamente a condizioni degradanti, e a tutti dovrebbe essere permesso di sbarcare e di vedere esaminate in modo equo le proprie richieste di protezione internazionale”.
Le valutazioni di “vulnerabilità” sono state effettuate da medici senza l'assistenza di interpreti o psicologi e sembrano essersi basate principalmente o esclusivamente su valutazioni della salute fisica. In queste condizioni, i sopravvissuti stremati avrebbero avuto una capacità limitata di fornire dettagli sulle loro effettive condizioni mediche, sui problemi di salute mentale o sulle esperienze di abuso. Ai giornalisti è stato negato l'accesso al molo, suscitando le critiche della Federazione europea dei giornalisti.
Le autorità italiane hanno ordinato a entrambe le navi di soccorso di lasciare il porto con le persone a bordo, sostenendo che gli Stati di bandiera - Germania e Norvegia – sarebbero responsabili per le persone rimaste. I capitani di entrambe le navi si sono rifiutati di seguire la direttiva e SOS Humanity ha dichiarato di voler presentare una causa legale in tribunale per contestare la legalita’ di questo provvedimento e consentire ai sopravvissuti di esercitare il loro diritto di sbarcare e chiedere asilo.
Il diritto internazionale dei diritti umani e sullo status di rifugiato, così come le direttive dell'Unione europea e la Carta dei diritti fondamentali dell'UE, garantiscono il diritto di chiedere asilo e proibiscono le espulsioni collettive. Secondo il diritto marittimo, un salvataggio si considera concluso quando tutte le persone soccorse sono sbarcate prontamente in un luogo sicuro. Le navi possono essere considerate luoghi di sicurezza solo temporaneamente. Mentre in alto mare vige la dottrina della giurisdizione esclusiva dello Stato di bandiera, in porto le navi - e le persone a bordo - sono soggette alla giurisdizione dello Stato di approdo.
Altre due navi di soccorso gestite da organizzazioni non governative hanno atteso a lungo nel Mediterraneo che le autorità assegnassero loro un porto. La Ocean Viking, gestita da SOS Mediterranee, ha a bordo 234 persone, mentre la Rise Above, gestita da Mission Lifeline, ne ha 89. Le navi sono state colpite da condizioni meteorologiche avverse e onde alte. È stato necessario evacuare per ragioni mediche sei persone dalla Rise Above. La sera del 7 novembre, le autorità italiane hanno finalmente comunicato alla Rise Above che poteva attraccare al porto di Reggio Calabria, mentre la Ocean Viking era ancora bloccata in mare.
Dal 20 ottobre, le navi di soccorso non governative hanno salvato circa 1.000 persone, mentre nello stesso periodo oltre 11.000 persone sono arrivate in Italia via mare autonomamente o in seguito ai salvataggi della Guardia Costiera italiana. Le uniche persone arrivate che hanno avuto problemi di sbarco sono quelle soccorse dalle navi non governative. Le navi di soccorso non governative sono state responsabili solo per il 14 percento delle persone sbarcate in Italia negli ultimi 12 mesi e, contrariamente a tutti gli sforzi delle autorità italiane per stigmatizzare le loro operazioni di salvataggio, non sono state riscontrate alcune prove che i gruppi non governativi costituiscano un fattore di attrazione.
I migranti e i richiedenti asilo non dovrebbero essere intrappolati in un limbo in mare per ottenere vantaggi politici o come leva nei negoziati, ha dichiarato Human Rights Watch. L'Italia e Malta sono gli Stati costieri più vicini alla Libia e hanno la responsabilità di garantire che tutte le persone soccorse possano sbarcare tempestivamente.
La Libia non è un luogo sicuro per migranti e richiedenti asilo, quindi per legge i sopravvissuti salvati in mare non possono essere fatti sbarcare lì. A giugno, un'indagine conoscitiva delle Nazioni Unite ha concluso che esistono “ragionevoli motivi per ritenere che in Libia vengano commessi crimini contro l'umanità nei confronti dei migranti”, tra cui “omicidi, sparizioni forzate, torture, riduzione in schiavitù, violenze sessuali, stupri e altri atti disumani ... in connessione con la loro detenzione arbitraria”.
Allo stesso tempo, è importante che l'Unione europea si muova verso un sistema efficace di condivisione delle responsabilità nell'ambito di un sistema europeo comune di asilo. La decisione di un gruppo di Paesi europei, tra cui Germania e Norvegia, di istituire a giugno una piattaforma volontaria per ricollocare i richiedenti asilo dagli Stati costieri dell'UE è un passo positivo anche se lento. È necessario fare di più, anche a livello europeo, ha dichiarato Human Rights Watch.
“Intrappolare le persone sulle navi o bloccarle in mare non è una politica di immigrazione seria, ma solo un teatro disumano e illegale”, ha detto Tranchina. “Piuttosto che violare i diritti delle persone e alienarsi i partner europei, l'Italia dovrebbe sostenere la creazione di un sistema prevedibile per lo sbarco delle persone e la ripresa delle operazioni di ricerca e salvataggio guidate dagli Stati europei, insieme a un sistema equo di condivisione delle responsabilità per migranti e richiedenti asilo”.