Emmanuel era un nigeriano di 36 anni arrivato in Italia lo scorso anno con la moglie, dopo che entrambi i loro genitori erano stati uccisi nel bombardamento della loro chiesa da parte dei terroristi di Boko Haram. Emmanuel era sopravvissuto al terrorismo in Nigeria, alla violenza in Libia ed al pericoloso attraversamento del Mediterraneo verso l'Italia. Ma la scorsa settimana è stato picchiato a morte sulle strade di Fermo, una città di medie dimensioni dell'Italia centrale, in una rissa iniziata quando un italiano ha chiamato la moglie di Emmanuel "scimmia africana."
La morte insensata di Emmanuel e la sofferenza di sua moglie hanno provocato un dibattito sulla xenofobia e il razzismo in Italia, un paese con ben radicate comunità di immigrati che è anche tra i primi cinque paesi UE per numero di ricezione di domande di asilo. Il dibattito è segnato in parte da luoghi comuni - "L'Italia non è un paese razzista" - e in parte da una mancanza di dati affidabili sulle manifestazioni di violenza razzista.
Allo stesso tempo, l'Italia storicamente non riusce a rispondere in modo adeguato ai crimini d'odio e intolleranza. Il linguaggio offensivo e razzista dilaga, anche fra i politici. Tutta l’Italia ricorda il terribile precedente del 2013, quando l'allora vice presidente del Senato italiano, Roberto Calderoli, paragonò Cécile Kyenge, allora la prima (e finora unica) ministra nera d'Italia, ad un orango. Lo stesso avvocato che difende l'uomo che ha mortalmente attaccato Emmanuel, ha lamentato il fatto che anche i parlamentari dicono in giro la parola 'scimmia'. "Certamente se questi signori politici usassero un linguaggio più contenuto, persone che non hanno livelli culturali elevati non si sentirebbero libere di dirlo", ha osservato.
Le parole sono importanti perché sono un potente strumento per manipolare e influenzare la percezione, indipendentemente dai fatti. Gli italiani tendono a stimare che gli immigrati costituiscano circa il 30 per cento della popolazione, mentre in realtà si tratta di circa l'8 per cento. Un recente sondaggio ha rilevato che il 47 per cento degli italiani crede che i rifugiati siano "più propensi al crimine" rispetto ad altri gruppi, anche se i dati disponibili mostrino che tra il 2004 e il 2013, le denunce penali contro gli italiani sono cresciute, mentre quelle contro gli immigrati sono diminuite, in un decennio in cui la popolazione immigrata è più che raddoppiata.
Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi subito dopo l'omicidio di Emmanuel ha espresso una forte condanna della xenofobia, e membri di alto livello del suo governo hanno presenziato insieme al vice presidente del Parlamento europeo ai funerali di Emmanuel. Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati, ha istituito a maggio una commissione "sull'intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio", con i rappresentanti di tutti i partiti politici, esperti della materia, e gruppi della società civile e delle organizzazioni non governative - tra le quali Human Rights Watch - per studiare il fenomeno e produrre raccomandazioni alle istituzioni politiche.
Adesso è necessario che i leader di italiani denuncino fermamente e ripetutamente ogni messaggio di intolleranza e di odio, promuovano politiche di supporto alla diversità ed all'integrazione, e dicano chiaramente che gli attacchi a sfondo razzista - verbali e fisici - non hanno posto nella società italiana.