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Le aspettative erano forse troppo alta ma la delusione è forte. Dopo avere concordato di discutere le questioni relative alla migrazione dopo il disastro del naufragio del 3 ottobre in cui oltre 360 persone persero la vita al largo di Lampedusa, i leader dell'UE hanno concluso un vertice di due giorni proponendosi di continuare le vecchie politiche, e di rimandare.

Nella dichiarazione congiunta conclusiva, i capi di stato europei hanno sottolineato la necessità di una maggiore cooperazione con i paesi di origine e di transito, il giro di vite sul traffico e il contrabbando, il rafforzarmento di Frontex, l’agenzia dell’UE per le frontiere, nel Mediterraneo e azioni più efficaci per i rimpatri - tutto in linea con l’approccio "teniamoli lontani".

È vero, la dichiarazione accenna alla necesità di implementare velocemente un sistema EU di sorveglianza, che potrebbe migliorare i salvataggi. E chiede una "equa ripartizione delle responsabilità" e "azioni concrete" per evitare la perdita di vite umane in mare.

Ma non sapremo che cosa ciò possa significare in concreto fino a dicembre, quando una task force appositamente costituita, guidata dalla Commissione europea, consegnerà il suo rapporto sulla situazione. E i leader europei non prenderanno nuovamente in mano la questione fino al prossimo vertice previsto per il giugno 2014, quando la stagione delle traversate sarà in pieno svolgimento. Molti altri potrebbero morire nel Mediterraneo nel frattempo. È uno scandalo che neanche tragedie come il disastro a Lampedusa il 3 ottobre riescano a spingere l'UE a intraprendere rapidamente delle azioni che prevengano altre morti. Speriamo che l’UE adotti, come promesso, delle “decisioni operative” al più presto.

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