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Il 9 luglio, le autorità maltesi hanno deciso di mettere circa 45 uomini somali su un aereo per la Libia, dove i migranti sono spesso arrestati arbitrariamente, maltrattati e sfruttati. Gli uomini erano arrivati in barca a Malta quella stessa mattina presto insieme a donne e bambini, dopo un lungo e pericoloso viaggio attraverso l'Africa e il Mediterraneo.

Speravano di trovare in Europa rifugio dal loro paese in guerra. Invece sono stati arrestati, gli è stata negata ogni possibilità di chiedere asilo, e sono stati minacciati di essere rispediti immediatamente indietro. Né all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), né agli organismi non governativi che lavorano con i rifugiati è stato permesso di incontrare questi uomini e dare loro informazioni o assistenza. Le donne e i bambini sono detenuti separatamente; non verranno  deportati.

Con un intervento d'urgenza, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha fermato il ritorno, con l'emissione di un decreto ingiuntivo per il tempo necessario a studiare il ricorso presentato da organismi non governativi per conto degli uomini somali.

Il dramma che questi uomini stanno vivendo è un promemoria delle difficoltà che i migranti e i richiedenti asilo affrontano cercando di raggiungere una vita migliore e un rifugio sicuro in un'Europa a loro sempre più ostile. Per elencare solo i più eclatanti, i problemi che i migranti affrontano vanno dall'incontrarsi automaticamente in stato di detenzione a Malta o con respingimenti forzati dall'Italia alla Grecia qualora scoperti come clandestini sui traghetti, dal subire un sistema di asilo disfunzionale e gli abusi della polizia in Grecia al rifiuto dell'UE di rivedere le norme europee che richiedono ai paesi sulle frontiere esterne di assumersi un onere eccessivo nella gestione delle migrazioni.

Esso dovrebbe servire anche come promemoria degli obblighi europei quando si tratta di intercettazione di natanti e di salvataggi in mare.

La Commissario agli Affari interni dell'UE Cecilia Malmström ha giustamente emesso una dichiarazione forte a contrasto della minaccia di Malta di deportare i somali in Libia. Nel febbraio 2012, con la pietra miliare della sentenza sul caso Hirsi e altri contro Italia, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per i suoi respingimenti di barconi di migranti verso la Libia nel 2009. Anche se il governo della Libia da allora è cambiato, le condizioni dei migranti e dei richiedenti asilo vi rimangono deplorevoli.

L'ufficio di Malmström afferma che sta esaminando le pratiche di respingimento dagli stati membri - e non solo verso la Libia - ma ha bisogno di essere più aperto su questo processo e sulle sue conclusioni. E dovrebbe essere disposto a aprire una procedura di infrazione contro i paesi dell'UE che mandano la gente in luoghi in cui vi è un rischio di tortura o di persecuzione, in chiara violazione del diritto comunitario.

Il Parlamento europeo e il Consiglio stanno studiando una proposta della Commissione europea di varare nuovi regolamenti per disciplinare le intercettazioni di natanti nel Mediterraneo. Questi contemplerebbero il respingimento verso i paesi terzi di chi venga intercettato in alto mare, a seguito di una mera valutazione sommaria delle esigenze di protezione e della situazione nel paese di rimpatrio. Questo è inaccettabile.

Gli Stati membri e le istituzioni dell'Unione europea sono tenuti a rispettare il diritto di chiedere asilo e il diritto a un ricorso effettivo contro le violazioni potenziali o effettive dei diritti umani. L'obbligo si estende a Frontex, l'agenzia per le frontiere esterne dell'UE che coordina i pattugliamenti nel Mediterraneo. E questo obbligo vale nelle acque internazionali qualora uno stato membro o una istituzione dell’UE abbia la custodia o il controllo sul destino delle persone.

Gli arrivi via mare in quest'anno sono in aumento rispetto al 2012- 8400 hanno raggiunto l'Italia e Malta da gennaio, contro 4.500 dello stesso periodo dello scorso anno. Le morti in questa stagione durante gli attraversamenti sono per fortuna in ribasso. L'UNHCR ha registrato 40 morti nel Mediterraneo nei primi sei mesi di quest'anno, rispetto ai quasi 500 nel 2012 - ma anche uno è di troppo.

Il migliore coordinamento tra Italia e Malta nelle operazioni di salvataggio ha sicuramente aiutato. E la recente visita di Papa Francesco a Lampedusa, l'isola italiana al largo della costa siciliana, dove la maggior parte dei migranti su barconi dal Nord Africa arriva o viene diretta a seguito di un salvataggio in mare, ha richiamato l'attenzione di tutto il mondo sulla terribile tragedia delle morti in mare dei migranti.

L'Europa e la comunità internazionale nel suo insieme dovrebbero accertare le responsabilità per la perdita di vite umane del passato. A metà giugno, sono state avviate delle cause in Francia e Spagna per il caso dei "lasciati-morire" su una barca con a bordo 72 migranti abbandonata alla deriva nel Mediterraneo nel mese di aprile 2011, quando l'area era pesantemente monitorata dalle navi della NATO dispiegate per fare rispettare l'embargo sulle armi contro il regime, allora in carica, di Gheddafi in Libia. Solo nove persone sopravvissero. Sebbene i sopravvissuti abbiano testimoniato con racconti coerenti di avvistamenti di un elicottero militare e di due navi militari, la NATO e tutti gli Stati membri partecipanti hanno negato ogni responsabilità.

Una conversazione con Gabriele del Grande, uno scrittore italiano che ha creato il blog Fortress Europe per monitorare le morti alle frontiere dell'UE, mi ha convinto che abbiamo bisogno di pensare a chi intraprende questi viaggi in modo diverso. Dovremmo smettere di vederli come vittime di politica, delle loro condizioni economiche o delle politiche dell'indifferenza dell'UE, e invece guardare a loro come a donne, uomini e – ed è incredibile – bambini coraggiosi, che rischiano tutto in un gioco d'azzardo per garantire la loro sicurezza e il benessere aloro famiglie. Tanto i principi base di umanità, quanto lo stesso diritto internazionale, richiedono all'Unione europea di fare di più per garantire che i loro diritti siano rispettati e il loro coraggio riconosciuto.

Judith Sunderland è ricercatrice senior per l'Europa Occidentale di Human Rights Watch.

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