Ora che è emersa la notizia che quattro detenuti in Italia sono risultati positivi al COVID-19, la malattia causata dal nuovo coronavirus, diventa ancor più urgente che il governo prenda misure più incisive per proteggere la salute dei detenuti e degli agenti penitenziari e per alleviare il sovraffollamento del sistema penitenziario.
Il 16 marzo il governo ha adottato un decreto che, tra le altre misure, consentirà la detenzione domiciliare per i detenuti con meno di 18 mesi di reclusione da scontare. Sebbene sia una misura importante, non è sufficiente a risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri.
Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, la principale organizzazione italiana per i diritti dei detenuti, stima che il provvedimento potrebbe portare al rilascio di un massimo di 3.000 detenuti. Eppure, il sistema penitenziario italiano ha un'eccedenza di capacità, secondo le stime più prudenti, del 120 per cento, con 61.230 detenuti rispetto ai 50.931 posti letto disponibili.
Nel 2013 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha ordinato all'Italia di adottare misure per mitigare il sovraffollamento, anche tramite la riduzione al minimo della detenzione preventiva e attraverso un maggiore ricorso a misure alternative alla pena detentiva.
All'inizio di marzo ci sono stati scontri in quasi 50 carceri in tutta Italia, legati all'ansia per COVID-19 e alla rabbia per le misure restrittive imposte dalle autorità carcerarie. I disordini hanno causato 13 morti tra i detenuti e 59 guardie ferite. Le morti dei detenuti, che le autorità attribuiscono a overdose, dopo che i detenuti hanno fatto irruzione nelle farmacie carcerarie, sono sotto inchiesta.
L'epidemia rischia di aumentare l'isolamento dei detenuti. L'8 marzo, mentre imponeva restrizioni alla libertà di circolazione della popolazione del Nord Italia (che sarebbero state poi estese a tutto il Paese), il governo italiano aveva ordinato la sospensione delle visite esterne, incluse quelle di avvocati e familiari, e limitato la possibilità per i detenuti di ottenere la libertà vigilata e permessi speciali per uscire dalle strutture. Il Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private dalle libertà personale, Mauro Palma, ha sottolineato che le autorità carcerarie dovrebbero garantire a tutti i detenuti l'accesso alle videochiamate in sostituzione delle visite.
Oltre a prendere tutte le misure per prevenire o limitare lo scoppio di COVID-19 nelle carceri— come controllare la temperatura di tutti coloro che entrano e assicurarsi che il personale e i detenuti abbiano maschere e guanti— e per garantire assistenza medica a chi si ammala, le autorità dovrebbero prendere in considerazione ulteriori misure per ridurre la popolazione carceraria. Ciò potrebbe includere il rilascio di coloro che si trovano in custodia cautelare per reati non violenti e di minore entità, nonché dei detenuti più anziani e di quelli con patologie pregresse che non rappresentano un rischio per la popolazione in generale. La salute dei detenuti è salute pubblica e necessita di protezione.