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Il centro d’accoglienza per richiedenti asilo si chiama “Il Sorriso”, ma non ci sorride nessuno in questi giorni. Il centro, nel quartiere romano di Tor Sapienza, è sotto assedio da una settimana, con proteste quotidiane dei residenti che ne chiedono la chiusura. Il 13 novembre, le autorità municipali hanno trasferito, a loro protezione, tutti i bambini che vivevano nel centro dopo che la folla aveva lanciato all’edificio, per due notti di seguito, bombe carta, bottiglie e pietre.  

Immagini di queste brutte proteste hanno provocato un dibattito significativo sulle cause che ne sono alla radice. Che dei gruppi organizzati estremisti, come è stato suggerito, siano o meno dietro ai peggiori episodi di violenza, è chiaro che molti residenti del quartiere, incarnino la rabbia circa il degrado urbano, il crimine, e la crisi economica dell’Italia. 

Questi ed altri episodi di tensione circa i centri di accoglienza riflettono anche il fallimento dell’Italia di ospitare e far integrare i rifugiati in modo adeguato, e la sua tendenza a ricorrere a misure ad hoc, d’emergenza. I numeri in aumento dei richiedenti asilo, nel corso dell’anno, dovuti in larga parte ai lodevoli sforzi dell’Italia nei soccorsi nel Mediterraneo, hanno esacerbato problemi già cronici. Occorre che l’Italia apporti migliorie alla propria capacità di accoglienza, e investa in migliori sforzi per l’integrazione. 

Non è d’aiuto etichettare i residenti di Tor Sapienza come razzisti, nè ignorare gli innumerevoli atti di benvenuto e generosità mostrati ai richiedenti asilo. Ma ignorare il razzismo è altrettanto pericoloso. In passato, le autorità italiane hanno mancato di considerare moventi razzisti dietro agli strazianti episodi di violenza nei confronti di migranti a Rosarno nel 2010, o quelli in cui si prendevano di mira i Rom – una minoranza profondamente denigrata in Italia – nel 2008 a Napoli. Ma questa volta le forze dell’ordine dovrebbero indagare con diligenza le violenze, in particolare per i suggerimenti che alcune delle persone coinvolte siano legati a gruppi estremisti, e documentare con attenzione i moventi razzisti.

Le autorità nazionali, e locali, dovrebbero anche contrastare con forza la retorica intollerante che non solo ha accompagnato gli eventi di Tor Sapienza, ma che è un pilastro del dibattito pubblico in Italia su immigrazione e minoranze. 

Oggi, il sindaco di Roma Ignazio Marino ha suggerito che il centro di Tor Sapienza potrebbe essere convertito in una casa di accoglienza per sole donne e bambini. Ciò potrebbe avere senso se rispondesse ad un bisogno autentico. Ma le autorità non dovrebbero soddisfare la logica del “non nel mio cortile”. 

Anziché parlare di richiedenti asilo e rifugiati come di fardelli, la classe dirigente italiana dovrebbe porre l’accento su quanto essi possano contribuire alla società italiana. Anziché parlare di valanghe o tsunami di richiedenti asilo che  travolgono l’Italia, dovrebbero ricordare agli Italiani che Paesi come Libano e Turchia ospitano ciascuno più rifugiati che tutta l’Unione europea messa insieme. Sforzandosi, l’Italia può progettare e attuare una strategia di lungo termine per consentire un riparo autentico a coloro che sono in fuga da guerra e persecuzioni, in maniera tale da coinvolgere, anziché inimicare, le comunità locali.

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