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Lettera aperta ai capi di stato e di governo, ministri degli esteri e ministri dell’interno dei Paesi membri dell’Unione Europea

Eccellenze,

Vi scriviamo con forte preoccupazione per chiedere che il Consiglio dell’Unione europea riconsideri seriamente ed abbandoni gli sforzi deplorevoli volti ad introdurre la cooperazione sui rimpatri come condizione posta ai Paesi in via di sviluppo per beneficiare della nuova versione del Sistema di Preferenze Generalizzato (SPG).

Fin dalla sua creazione nel 1971, il SPG dell’Ue ha avuto come unico obiettivo quello di incentivare lo sviluppo sostenibile dei Paesi a basso e medio reddito. E’ importante che questo resti il suo unico obiettivo. Gli attuali tentativi da parte del Consiglio di includere la cooperazione sui rimpatri tra le condizioni poste ai Paesi per beneficiare del SPG mettono a rischio la continuazione dello schema, il cui regolamento scade alla fine del 2023. I negoziati interistituzionali (trilogo) per migliorare ed estendere lo schema fino al 2034 sono fermi vista la giusta opposizione del Parlmento europeo, co-legislatore sulla riforma, nei confronti della proposta del Consiglio.

Oltre a creare incertezze per le imprese e per gli attuali e futuri Paesi beneficiari, la situazione di stallo manda un messaggio molto pericoloso ai governi ed alla società civile a livello globale: che all’Ue non interessano lo sviluppo sostenibile, i diritti umani, le condizioni di lavoro e il rispetto dell’ambiente, o almeno non tanto quanto liberarsi di qualche migliaio di persone ritenute illegalmente presenti sul suolo europeo.

Si tratta di un ulteriore esempio di come la prioritizzazione da parte del Consiglio di questioni legate alla migrazione abbia avvelenato altre aree, ad essa non collegate, delle politiche europee, portando in questo caso ad una posizione negoziale sulla riforma del SPG di dubbia legalità, strategicamente sbagliata, e contropoducente, per i seguenti motivi:

  1. Nelle sue conclusioni del giugno 2002, il Consiglio ha assunto l’impegno, discutibile, di utilizzare “l'intensificazione della cooperazione economica, lo sviluppo degli scambi commerciali, l'aiuto allo sviluppo, nonché la prevenzione dei conflitti [come] strumenti per promuovere la prosperità economica dei paesi interessati e per ridurre cosÏ le cause all'origine dei movimenti migratori.” Il Consiglio dovrebbe riconoscere che il SPG, nella misura in cui contribuisce ad una crescita economica sostenibile, creazione di posti di lavoro, miglioramento nella siuazione dei diritti umani e del lavoro, e tutela ambientale, può svolgere unruolo di primo piano nei confronti proprio di quelle cause all’origine dei movimenti migratori. Il Consiglio dovrebbe perciò concentrarsi sul miglioramento dello schema – in particolare considerando regole per migliorare il rispetto delle obbligazioni da parte dei Paesi beneficiari, ed il relativo monitoraggio – invece di mettere in pericolo la sua continuazione o la sua appetibilità, come sarebbe il caso se il SGP dovesse finire per legare i benefici commerciali ai rimpatri.
  2. Come mostrato dale statistiche della Commissione Europea, il volume di commercio legato al SPG varia considerevolente tra i Paesi beneficiari, e con esso l’influenza che lo schema conferisce all’Ue nei confronti di quei Paesi. Mentre in alcuni casi il SPG ha un peso importante nell’economia di un Paese beneficiario, in altri il volume di commercio coperto dal SPG è talmente esiguo che molti governi non sarebbero intimiditi dalla prospettiva di perdere i benefici se condizioni sgradite legate alla migrazione fossero introdotte nello schema. Questa prospettiva dovrebbe essere ancor più preoccupante in un periodo di crescente competizione geopolitica con la Cina ed altri Paesi. Il commercio è sempre stato utilizzato come uno strumento per rafforzare i legami politici e il partneariato con Paesi terzi, e a tal riguardo l’apertura da parte del Consiglio alla possibilità di sacrificare quei legami sulla base di considerazioni legate ai rimpatri costituirebbe un grave errore strategico.
  3. La proposta del Consiglio di legare i benefici SPG ai rimpatri sarebbe molto probabilmente incompatibile con le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). In particolare, le disposizioni dell’OMC permettono agli schemi SPG di includere condizioni per i Paesi beneficiari, ma a patto che tali condizioni servano allo “sviluppo ed ai bisogni finanziari e commerciali dei Paesi in via disviluppo”, il che evidentemente non è il caso in relazione ai rimpatri. Introdurre una condizionalità incompatibile con le regole OMC contraddirebbe la pretesa dell’Ue basare le relazioni internazionali e il commercio globale su regole valide per tutti. Come notato dall’OMC, “[una] legge che preveda il diritto di adottare misure unilaterali contrarie alle regole ed alle procedure dell’OMC, potrebbe ... costituire una minaccia ed avere un “effetto raggelante” che causerebbe danni seri in diversi modi”. Il Consiglio dovrebbe cosndierare che l’introduzione e l’utilizzo della clausola sui rimpatri potrebbero portare all’apertura di contenziosi.

Ci auguriamo che l’attuale situazione di stallo nel trilogo sulla riforma del SPG venga utilizzato per una riflessione più profonda e olistica sia all’interno dei che tra i governi dei Paesi membri dell’Ue. Il Consiglio dovrebbe abbandonare la sua attuale posizione, comprendere che l’unico ed indiretto legame tra il SPG e la migrazione dovrebbe essere quello dell’efficacia dello schema nel far fronte ad alcune delle “cause profonde” dell’immigrazione, e sostenere l’adozione di un SPG che serva esclusivamente a perseguire i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile.

 

Firmatari:

  1. 11.11.11 - Coalition for International Solidarity, Belgium
  2. ACAT Germany (Action by Christians for the Abolition of Torture)
  3. ACAT Italia (Azione dei Cristiani per l’Abolizione della Tortura)
  4. Anti-Slavery International
  5. AOI Cooperazione e solidarietà internazionale
  6. ARCI
  7. ARCS (ARCI Culture Solidali)
  8. AWO Bundesverband e.V.
  9. BAfF e.V. (Bundesweite Arbeitsgemeinschaft der Psychosozialen Zentren für Flüchtlinge und Folteropfer)
  10. Both ENDS
  11. Brot für die Welt
  12. Bundesarbeitsgemeinschaft PRO ASYL e.V.
  13. Bundesfachverband unbegleitete minderjährige Flüchtlinge e.V.
  14. Caritas Europa
  15. CCFD-Terre Solidaire (France)
  16. CCME (Churches´Commission for Migrants in Europe)
  17. Centre for Research on Multinational Corporations (SOMO)
  18. CIES Onlus
  19. Civil Rights Defenders
  20. Clean Clothes Campaign - International Office 
  21. CNCD-11.11.11 (Belgium)
  22. Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) 
  23. CSW (Christian Solidarity Worldwide)
  24. Danish Refugee Council (DRC)
  25. Der Paritätische Gesamtverband 
  26. ECRE (European Council on Refugees and Exiles) 
  27. EU-COMAR (European Coalition of Migrants and Refugee)
  28. Fairwatch - Italy
  29. Fédération Etorkinekin Diakité 
  30. Human Rights Watch
  31. International Federation for Human Rights (FIDH)
  32. International Federation of ACAT (FIACAT) 
  33. Italian Council for Refugees (CIR)
  34. Jesuit Refugee Service (JRS) Europe
  35. KULU-Women and Development, (KULU) Denmark
  36. Ligue des droits de l’Homme (LDH) 
  37. Minority Rights Group
  38. Misereor e.V.
  39. Paris d’Exil
  40. PowerShift e.V.
  41. Protection International
  42. Quaker Council for European Affairs
  43. Senzaconfine
  44. Società Italiana Medicina delle Migrazioni
  45. Terre des hommes Germany
  46. Transnational Institute
  47. UNIRE (Italian National Union of Refugees and Exiles)
  48. Urgewald 
  49. Védegylet Egyesület/Protect the Future Association Hungary
  50. World Organisation against Torture (OMCT)
  51. Woord en Daad
  52. YAMBI

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