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Il Ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini, alla parata militare della Festa della Repubblica a Roma, Italia, 2 giugno 2018. © 2018 REUTERS/Tony Gentile
Dopo quasi tre mesi senza stare più nella pelle, il ministro dell’interno Italiano appena insediato, Matteo Salvini, è partito in quarta nella peggiore direzione possibile. Come capo della Lega, il partito anti-immigrazione, Salvini si è posizionato come uomo forte all’interno dell’improbabile coalizione di governo che si è venuta a creare, recentemente, insieme al partito, dall’ideologia mutevole, del Movimento 5 Stelle.

In un discorso a una platea di sostenitori il 31 maggio, la sera prima del suo giuramento, Salvini ha rincarato la sua retorica incendiaria rilanciando sulle peggiori promesse elettorali della Lega. Ha annunciato piani per tagliare i fondi per i centri di accoglienza per richiedenti asilo e, in un botta e risposta inquietante con la folla entusiasta, ha affermato che l’espulsione di tutti i migranti irregolari è una priorità assoluta.

Il 3 giugno, Salvini è andato a Pozzallo, il paesino siciliano nel cui porto sbarcano molti dei migranti e richiedenti asilo tratti in salvo, per tuonare che “è finita la pacchia” per i migranti senza documenti e per insinuare che le organizzazioni non-governative che soccorrono persone nel Mediterraneo centrale siano colluse con gli scafisti.

Il tempismo per questa dichiarazione è stato, nel migliori dei casi, crudele, essendo stata pronunciata appena dopo un giorno fatale nel Mediterraneo, dove si stima che siano annegate almeno 112 persone nel naufragio di un barcone partito dalla costa Tunisina, e dove nove persone, compresi sei bambini, sono morti nel Mar Egeo tra la Turchia e la Grecia. Salvini insiste di avere a cuore il valore della vita umana, tuttavia non ha condannato il l’assassinio di un attivista maliano per i diritti dei lavoratori il 2 giugno in Calabria.

È vero, come ha recentemente affermato il cancelliere tedesco Angela Merkel, che il resto dell’Ue ha largamente abbandonato l’Italia a se stessa nella gestione di grandi quantità di migranti e rifugiati. È comprensibile che Salvini si sia levato contro una proposta di riforma del regolamento di Dublino dell’Ue, che impone, generalmente, l’esame della richiesta d’asilo al primo Paese d’ingresso. I cambiamenti proposti finirebbero, con ogni probabilità, per aumentare la pressione sull’Italia senza assicurare una distribuzione più equa delle responsabilità.   

Eppure non ci sono scuse per la pericolosa retorica di Salvini che, plausibilmente, ha l’effetto di infiammare le tensioni sociali e l’intolleranza mentre propone, allo stesso tempo, delle politiche inattuabili e disgustose.   

L’aumento di rientri al sicuro di migranti nei Paesi di provenienza, sulla base di un iter equo ed efficiente, è un obiettivo politico ragionevole. Ma l’Italia non può semplicemente espellere centinaia di migliaia di migranti irregolari senza una dura repressione, e ancora non ha accordi con molti dei Paesi d’origine chiave per facilitare i rientri. I tagli a sistemazioni e cure per i richiedenti asilo, già al minimo e inadeguati, non costituiscono una soluzione e potrebbero costituire, potenzialmente, una violazione di regole dell’Ue oltre ad essere una dimostrazione di crudeltà bella e buona.   

Limitare la capacità di gruppi non-governativi di soccorrere persone in mare, e di portarle in salvo, potrebbe contribuire ad aumentare il numero di morti in mare, privare l’Italia della levatura morale acquisita negli ultimi anni grazie alla sua leadership nelle operazioni di soccorso, e indebolire il coraggioso lavoro dei volontari dei gruppi non-governativi, nonché della Guardia costiera e della Marina italiana, che hanno salvato decine di migliaia di persone in mare.  

Il partito al governo nel precedente esecutivo, il PD, aveva già intensificato la cooperazione con le autorità libiche per fermare le partenze e mettere la guardia costiera libica in grado di intercettare i migranti in acque internazionali, e di riportarli verso condizioni orribili di detenzione arbitraria in Libia. Non è ancora chiaro cosa abbiano in mente Salvini e il nuovo governo, ma vale la pena ricordare che quando l’Italia attuò, nel 2009, la sua nefasta politica di respingimento dei barconi verso la Libia, il ministro degli interni era il leghista Roberto Maroni.

Il nuovo governo italiano si insedia in un momento in cui i partiti populisti hanno un’influenza crescente in Europa, e la sua posizione anti-immigrazione sarà indubbiamente ben accolta dall’ungherese Viktor Orban, il cui governo sta cercando, al momento, di criminalizzare il lavoro di gruppi che assistono i richiedenti asilo. Salvini ha già detto di voler lavorare con Orban, con cui ha già parlato al telefono, per “cambiare le regole” dell’Ue.

La politica migratoria di Salvini può trovare opposizione non solo da parte della vivace società civile italiana, ma anche da parte dei tribunali e delle istituzioni dell’Ue.  

Data la retorica anti-europea della Lega e del Movimento 5 stelle, e la predisposizione a condannare pesi e contrappesi istituzionali come la Corte costituzionale e il Presidente della Repubblica, c’è da temere che non si faranno molti scrupoli a farsi beffe dei limiti al loro potere.  

L’Europa dovrebbe riconoscere che l’Italia ha bisogno di maggiore sostegno per assicurare un approccio umano ai migranti e per proteggere i rifugiati ma deve anche essere disposta a insistere che il governo italiano rispetti i diritti umani.  

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