(Atene) – Migliaia di migranti e richiedenti asilo nelle isole greche dell’Egeo, con l’intensificarsi della crisi umanitaria che coinvolge le persone che tentano di raggiungerle via mare, si misurano con condizioni di ricezione e detenzione spaventose, ha detto oggi Human Rights Watch. Nonostante i notevoli sforzi delle autorità locali sulle isole, la Grecia, gravata dal debito, non è in grado di sopperire ai suoi obblighi più basilari nei confronti delle persone in arrivo, la maggior parte delle quali sono in fuga da violenza e repressione.
“Le autorità greche non sono semplicemente in grado di far fronte ai grandi numeri data la crisi economica sempre più profonda del Paese, e la situazione rischia seriamente di peggiorare nei prossimi giorni” ha detto Eva Cossé, specialista sulla Grecia a Human Rights Watch. “La risposta dell’UE alla crisi greca dovrebbe tenere in considerazione sia l’enorme - esproporzionata - responsabilità che la Grecia ha nei confronti dei richiedenti asilo, sia i diritti e il benessere dei richiedenti asilo stessi”.
Human Rights Watch, nel maggio 2015, ha intervistato oltre 100 richiedenti asilo e migranti appena arrivati sulle isole Greche di Lesbo, Chio, Samo, Lero e Kos. Tutti avevano viaggiato via nave dalla Turchia nel mese precedente. La maggior parte delle persone intervistate, tra cui donne e bambini, venivano dalla Siria e dall’Afghanistan. Ventiquattro dei minorenni, ragazzi tra i 15 e i 17 anni, erano in viaggio senza famigliari. Da maggio, la situazione per migranti e richiedenti asilo si è deteriorata significativamente, con più di mille persone in arrivo ogni giorno.
Le persone che arrivano sulle isole di Lesbo, Chio e Samo, nell’Egeo del nord, solitamente vengono detenute in centri di controllo circondati da filo spinato per una settimana o meno, fino a che le autorità sono in grado di identificarle, registrarle, e prenderne le impronte digitali. Dati il sovraffollamento cronico, le precarie condizioni igieniche, e l’insufficienza di cibo e cure mediche, le condizioni in tali strutture risultano ben al di sotto degli standard nazionali ed internazionali, e potrebbero equivalere a trattamento inumano e degradante. Benchè medici, assistenti sociali e l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati (UNHCR) visitino i centri di controllo, essi non possono assicurare una presenza continua e la mancanza di interpreti rende le comunicazioni sull’asilo, o su qualsiasi altro argomento, estremamente difficili, ha detto Human Rights Watch.
I minori vengono spesso tenuti insieme agli adulti in condizioni di grave sovraffollamento e sporcizia. A causa del sovraffollamento, molti migranti e richiedenti asilo devono dormire all’aperto, come nel centro di Kara Tepe a Lesbo, dove migliaia di persone attendono il trasferimento al centro di controllo per registrazione ed esami. A Samo, la sola con una struttura dove le donne non sposate sono separate dagli uomini, i detenuti hanno detto di avere acqua corrente solo per trenta minuti al giorno; e al centro di controllo di Chio, Human Rights Watch ha trovato adulti e bambini che cercavano protezione dal sole al di sotto di ripari improvvisati fatti con abiti e coperte.
Sulle isole dell’Egeo del sud, come a Lero e Kos, non ci sono centri di controllo e non c’è un sistema di ricezione. I nuovi arrivati a Lero vengono portati alla stazione di polizia e spesso rilasciati il giorno stesso. Tuttavia, in periodi di arrivi di massa e ritardi nella procedure, le persone, compresi i bambini, devono dormire in celle della stazione di polizia in attesa di registrazione e controlli. Volontari locali cooperano nella ricerca di alloggi, cibo, vestiti e cure mediche.
Tra le isole visitate da Human Rights Watch a maggio, le condizioni peggiori erano quelle di Kos. I controlli richiedevano spesso tre settimane o più a causa del grande numero di arrivi e per la carenza di personale e di competenze specifiche. I bambini, come gli adulti, dormivano in condizioni squallide in un hotel abbandonato su letti di ripiego, senza elettricità e con acqua corrente in misura limitata, o in tende fornite da Medici Senza Frontiere. Altri dormivano all’aperto, in aree pubbliche. Quasi tutti i migranti intervistati da Human Rights Watch hanno detto che le autorità davano loro poco cibo ed alcuni hanno detto di non aver mangiato per giorni. In molti hanno detto di non aver ricevuto informazioni su quando sarebbero stati effettuati i controlli ne’ su quanto tempo avrebbero richiesto. I richiedenti asilo ed i migranti che vengono registrati come minorenni non accompagnati sono spesso detenuti molto più a lungo degli adulti o dei minori che viaggiano con le proprie famiglie mentre le autorità cercano dei ricoveri dove sistemarli.
Nonostante la sistemazione nei ricoveri sia concepita come una misura protettiva, una mancanza di spazio in tutta la Grecia ha portato a una detenzione protratta di minorenni nei centri di controllo. La Grecia ha soltanto 323 posti per minorenni non accompagnati. Mentre gli adulti possono vedersi rilasciare in pochi giorni, i minorenni possono essere trattenuti per tre o più settimane.
Il 10 luglio l’UNHCR ha lanciato un avvertimento sulla crisi del sistema d’asilo in Grecia e sulle condizioni in rapido deterioramento sulle isole, tra cui le tensioni crescenti e i problemi nella distribuzione di cibo. In risposta alla crisi, l’agenzia ha dispiegato personale aggiuntivo per fornire consigli e assistenza ai nuovi arrivati, e cure per i minorenni non accompagnati e per le persone con bisogni particolari. L’UNHCR ha anche messo, temporaneamente, degli interpreti a disposizione della polizia per accelerare il processo di registrazione sull’isola di Lesbo, che riceve il più alto numero di arrivi di rifugiati.
La legge greca impone alle autorità di provvedere alla ricezione di individui provenienti da Paesi terzi che siano arrestati per entrata o permanenza illegale in Grecia in condizioni che garantiscano la dignità ed i diritti umani in conformità con gli standard internazionali. La legge prevede la collocazione di unità mobili di prima ricezione sulle isole all’interno dei centri di controllo di polizia, al fine di identificare gruppi vulnerabili come migranti bambini non accompagnati e di condurre esami medici. Le unità forniscono anche sostegno socio-psicologico e informazioni sui diritti dei migranti e dei richiedenti asilo, ed indirizzano le persone piu’ vulnerabili, come minori non accompagnati e vittime di tortura, ai servizi sociali. Al momento solo due di queste unità sono operative, a Lesbo e Samo, ed hanno carenza di personale. La maggior parte dei nuovi arrivati, tra cui i minori non accompagnati e altre persone particolarmente vulnerabili, non hanno accesso ai servizi che, per legge, dovrebbero essere messi a loro disposizione.
Secondo l’UNHCR, oltre il 90 per cento delle 77mila persone che sono arrivate sulle isole nei primi sei mesi del 2015 sono in fuga da Paesi in situazioni di guerra, principalmente Siria, Afghanistan, Iraq e Somalia. Con il confine greco-turco praticamente sigillato per via di pattugliamenti più intensi, compresi quelli di Frontex, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne, e la costruzione di una recinzione di 12 chilometri e mezzo nel 2012, sempre più richiedenti asilo e migranti partono a bordo di gommoni sovraccarichi e barche di legno dalla costa turca per raggiungere le isole greche nel mar Egeo, ha detto Human Rights Watch. Secondo le autorità greche, il 7 luglio, una barca che aveva a bordo tra le 30 e le 40 persone è affondata nell’Egeo tra la Turchia e la Grecia. Resoconti della stampa indicano che 5 corpi sono stati recuperati mentre 13 persone sono ancora disperse.
Durante un incontro del Consiglio Europeo il 25 giugno, i leader dell’Ue hanno concordato, in “via di principio”, di trasferire 40mila dei richiedenti asilo attualmente in Italia e in Grecia. I leader hanno rifiutato la proposta della Commissione Europea per una distribuzione obbligatoria di richiedenti asilo sulla base di criteri come il prodotto interno lordo di uno stato membro, i tassi di disoccupazione, e il numero di richiedenti asilo e rifugiati già presenti in un Paese. Gli stati membri adesso hanno tempo fino alla fine di luglio per decidere quante persone accoglieranno. I Paesi dell’UE dovrebbero concordare di accettare un numero generoso di richiedenti asilo dalla Grecia, ha dichiarato Human Rights Watch.
Le autorità greche e l’UE dovrebbero concordare urgentemente un piano che assicuri condizioni adeguate di ricezione, che comprendano rifugi, bagni, cibo, accesso a cure mediche di base così come un numero sufficiente di interpreti, risorse umane, e perizia che permettano di fornire un aeguato sostegno agli individui, identificarne le vulnerabilità, ed effettuare i controlli più velocemente. Le autorità dovrebbero garantire sistemazioni adeguate per richiedenti asilo particolarmente vulnerabili, come i bambini, persone con disabilità, vittime di tortura e di traffico di esseri umani. Le autorità greche sulle isole dovrebbero accelerare i controlli di famiglie con bambini e di minori non accompagnati, ed evitare la detenzione di minorenni, in linea con le raccomandazioni del Comitato sui diritti del fanciullo dell’Onu, che sovrintende al rispetto della Convenzione sui diritti del fanciullo.
Il governo greco dovrebbe assicurare una capienza sufficiente nei rifugi per i migranti e richiedenti asilo minori non accompagnati, in modo da minimizzare i tempi di detenzione in attesa del trasferimento ai rifugi. L’UE dovrebbe anche fornire assistenza finanziaria al governo greco per raggiungere tali obiettivi.
“Nonostante tutti sentano gli effetti della crisi economica in Grecia, coloro che sono ai margini, come migranti e richiedenti asilo, sono particolarmente vulnerabili” ha detto Cossé. “L’UE può e deve fare di più per aiutare queste vittime spesso dimenticate.”
Per resoconti di migranti e richiedenti asilo sulle isole greche del Mar Egeo, si prega di leggere di seguito.
Resoconti di migranti e richiedenti asilo
Maan, 32 anni, siriano, ha raccontato della notte che ha passato nel centro di controllo di Lesbo:
Una volta arrivati abbiamo dormito per terra. Abbiamo chiesto di farci una doccia, di avere un cuscino, una coperta, ma niente... Da ieri abbiamo chiesto di darci qualcosa per pulire la nostra stanza, ma niente. E una delle persone qui ha qualcosa alla mano, sotto la pelle, che ha cominciato a muoversi. È un verme.
Mariam (pseudonimo), 39 anni, afghana, è stata detenuta sette o otto giorni nel centro di controllo di Lesbo insieme alla figlia sedicenne Zahara (pseudonimo). Mariam ha detto a Human Rights Watch: “Non ci dicono perché ci tengono qui. Non ci spiegano niente... Siamo tra le 20 e le 30 persone in una stanza, uomini, donne, tutti insieme.” Zahara ha detto:
Dormiamo in una stanza con molti uomini e abbiamo paura a stare sole con loro. Abbiamo così tanta paura qui, tra così tanti uomini. Non abbiamo saponi, shampoo... Nessuno è venuto qui a sentire i nostri problemi. Solo il dottore, ma solamente quando c’è l’interprete. Ma l’interprete non ci parla. Ho davvero paura qui. Al confronto con le due notti passate nella foresta mi sentivo molto più sicura lì.
Johnny (pseudonimo), un siriano di 24 anni che era stato nel sovraffollato centro di detenzione di Chio per 2 giorni, intervistato a maggio, diede questa descrizione:
Qui ci sentiamo come in prigione. Il sole picchia e non c’è dove stare. C’è un sacco di gente. Non ci sono stanze. Dormiamo per terra. Le stanze sono per i bambini e quelli che sono arrivati prima di noi. Stiamo male. Abbiamo acqua da bere ma non per lavarci. Nessuno mi ha informato dei miei diritti, e non sono stato visitato da un dottore.
Ali Mohammad Ali, 24 anni, siriano, intervistato sul traghetto diretto ad Atene, aveva passato tre giorni nel centro di detenzione di Chio:
Non c’era bagno o acqua corrente neanche per sciacquarci le mani. Era sporco e non c’era posto per dormire. La coperta e il materasso puzzavano. Abbiamo preferito dormire per terra perché in tanti avevano usato la coperta e il materasso prima di noi. Nessuno mi ha informato sui miei diritti. Non c’era dottore al campo, né interpreti. Non ho avuto problemi con la polizia. Fanno del loro meglio. Il problema nasce con il gran numero di persone in arrivo.
Mustafa, un siriano curdo di Aleppo di 26 anni portatore di handicap, era nell’hotel abbandonato di Kos dove migranti e richiedenti asilo vengono sistemati in attesa di registrazione da parte della polizia:
L’unica cosa che mi pesa è questo posto. È difficile per me andare su e giù per le scale. Se voglio mangiare i negozi sono a un chilometro di distanza. Mi è difficile arrivarci a piedi. Qui mancano acqua, elettricità, materassi e coperte.