(Nairobi) - Tutte le parti coinvolte nel crescente conflitto in Somalia hanno commesso, con regolarità, crimini di guerra ed altri gravi abusi che hanno contribuito, durante lo scorso anno, alla catastrofe umanitaria del Paese. È quanto afferma Human Rights Watch in un rapporto pubblicato oggi. Human Rights Watch ha esortato gli Stati Uniti, l'Unione Europea, ed altri importanti attori internazionali, a riconsiderare i loro approcci sbagliati alla crisi ed a sostenere gli sforzi per assicurare chiari meccanismi di responsabilità.
Il rapporto di 104 pagine "‘So Much to Fear': War Crimes and the Devastation of Somalia" descrive come il Governo federale di transizione somalo, le forze etiopi che sono intervenute in Somalia a suo sostegno e le forze degli insorti abbiano commesso ampie e gravi violazioni del diritto bellico, come attacchi indiscriminati, omicidi, stupri, l'uso di civili come scudi umani, saccheggi. Fin dall'inizio del 2007 l'intensificarsi del conflitto è costato la vita di migliaia di civili, ha causato lo sfollamento di più di un milione di persone e indotto la maggior parte della popolazione di Mogadiscio a fuggire la capitale. I crescenti attacchi su quanti lavorano per organizzazioni umanitarie hanno gravato pesantemente sulle operazioni di aiuto e contribuito a far nascere una crisi umanitaria.
"I combattenti in Somalia hanno inflitto più danno ai civili che fra di loro" ha detto Georgette Gagnon, direttrice per l'Africa ad Human Rights Watch. "Non esistono cure veloci per la Somalia, ma i governi stranieri devono smettere di gettare benzina sul fuoco con politiche incaute che danno potere a quanti offendono i diritti umani".
La Somalia è rimasta priva di un governo funzionante dal 1991 e una fallimentare operazione di peacekeeping delle Nazioni Unite si e' ritirata nel 1995. Gli anni successivi sono stati violenti e caotici. Nel dicembre del 2006 le forze militari etiopi sono intervenute a sostegno del debole Governo federale di transizione contro una coalizione di Corti islamiche che aveva preso il controllo di Mogadiscio. Negli ultimi due anni il conflitto si è intensificato drammaticamente e i negoziati sulla pace sostenuti a livello internazionale non hanno avuto alcun impatto sul campo.
Il rapporto attinge a più di 80 interviste con testimoni e vittime di abusi che hanno descritto gli attacchi di tutte le parti in guerra in modo assolutamente dettagliato.
Ciascuna parte del conflitto ha fatto fuoco in modo indiscriminato su quartieri civili di Mogadiscio pressoché quotidianamente, demolendo case senza preavviso e uccidendo civili per le strade. Le forze degli insorti hanno attuato regolarmente imboscate ed attentati dinamitardi lungo le strade di mercati e quartieri residenziali e lanciato colpi di mortaio da aree densamente popolate. Le forze etiopi hanno reagito agli attacchi degli insorti con fuoco indiscriminato di razzi e artiglieria, con un impatto devastante sui civili.
Le forze di sicurezza del Governo federale di transizione e le milizie alleate hanno torturato detenuti, ucciso e stuprato civili, saccheggiato le loro case, talora nel contesto di operazioni congiunte, casa per casa, con le truppe etiopi. Le forze etiopi, relativamente disciplinate nel 2007, quest'anno sono state implicate più diffusamente in atti di criminalità violenta. Le forze degli insorti hanno minacciato e ucciso civili ritenuti ostili alla loro causa e hanno reclutato nei propri ranghi dei civili, bambini compresi, con la forza.
L'orrore di questi abusi può essere compreso appieno solo attraverso i racconti dei somali che lo hanno patito. Human Rights Watch ha intervistato delle adolescenti stuprate dalle forze di sicurezza del Governo federale di transizione, genitori i cui figli sono stati fatti a pezzi nelle proprie case da razzi etiopi e persone colpite nelle strade dal fuoco dei combattenti insorti per azioni banali come lavorare da corriere, per pochi soldi, per gli uffici del Governo federale di transizione. Un giovane racconta di aver visto un gruppo di soldati etiopi stuprare sua madre e le sue sorelle nella loro casa. "E io me ne stavo seduto lì, impotente" ha detto. "Non potevo aiutare mia madre o le mie sorelle".
Per molti, l'aspetto peggiore è stato rimanere intrappolati contemporaneamente tra tutte e tre le parti in conflitto. Un giovane ha ricevuto un ultimatum da militanti radicali islamici del gruppo Al Shabaab nel suo quartiere: unirsi a loro, o in caso contrario, pagarne le conseguenze. Giorni dopo, è tornato a casa da scuola per scoprire che sua madre era rimasta vittima di un fuoco d'artiglieria non correlato.
"Il mondo ha largamente ignorato gli orrori che vanno rivelandosi in Somalia, ma le famiglie somale sono ancora abbandonate a se stesse nell'affrontare la violenza che aumenta di giorno in giorno", ha detto Gagnon. "Persino chi prova a scappare si ritrova a rischio di violenti abusi".
Centinaia di migliaia tra i più poveri abitanti di Mogadiscio, non avendo soldi per viaggiare, si sono riuniti in campi per sfollati che vanno ingrandendosi lungo la strada Mogadiscio-Afgooye, ma i combattimenti indiscriminati da cui fuggivano li hanno braccati fin lì.
Quest'anno decine di migliaia di profughi somali sono fuggiti dal Paese. I campi profughi del Dadaab in Kenya costituiscono oggi la più grande concentrazione di profughi al mondo, con circa 250.000 presenze. Ma è il viaggio stesso ad essere pericoloso. Human Rights Watch ha intervistato molti profughi che, durante la fuga dalla Somalia, sono stati rapinati, stuprati, o picchiati da milizie mercenarie. Il confine del Kenya con la Somalia è chiuso, lasciando i profughi alla mercé di contrabbandieri e della corrotta polizia keniota.
Centinaia di somali sono affogati nel tentativo di attraversare il golfo di Aden verso lo Yemen, spesso dopo essere stati spinti in mare o abbandonati dai trafficanti.
Gli Stati Uniti, l'Unione Europea e i governi della regione, hanno preso poche iniziative positive per risolvere il peggioramento della situazione in Somalia ed hanno troppo spesso compiuto azioni che l'hanno aggravata.
L'Etiopia è una parte del conflitto, ma non ha fatto nulla per rispondere degli abusi compiuti dai suoi soldati. Gli Stati Uniti, trattando la Somalia in primo luogo come un campo di battaglia nella "guerra globale al terrore", hanno seguito una politica di sostegno acritico al governo di transizione e alle azioni dell'Etiopia e la conseguente mancanza di chiari responsabili ha alimentato i peggiori abusi. La Commissione europea è stata fautrice di un sostegno diretto alle forze di polizia del governo di transizione senza insistere su alcuna azione significativa per renderla più efficace e combattere gli abusi.
Negli ultimi mesi, il conflitto è andato via via espandendosi verso le regioni e i Paesi vicini, sotto forma di bombardamenti ed altri attacchi, precisamente ciò che l'intervento militare dell'Etiopia nel 2006 aveva cercato di impedire. Durante la seconda metà del 2008, si sono verificati attentati suicidi nelle regioni semi-autonome del Somaliland e Puntland, in precedenza più stabili, così come una dilagante pirateria d'alto mare e rapimenti al di là del confine con il Kenya.
"La crisi in Somalia non è solo un incubo per il suo popolo, ma è una minaccia regionale e un problema globale", ha detto Gagnon. "ll mondo non può più permettersi di aspettare per trovare modi più efficaci per risolverla".
Human Rights Watch ha richiesto una fondamentale revisione della politica verso la Somalia e l'intero Corno d'Africa da parte delle capitali europee e di Washington, dove l'amministrazione Obama avrà un'occasione per allontanarsi dalle politiche inefficaci della precedente amministrazione. Human Rights Watch ha anche richiesto la costituzione di una Commissione d'inchiesta garantita dalle Nazioni Unite per indagare sulle violazioni di diritto internazionale, tracciare una mappa dei peggiori abusi e gettare le basi per più chiari meccanismi di responsabilità.