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Italia: Revocare i Decreti Sicurezza

Le misure draconiane in materia di migrazione mettono a rischio vite umane e diritti

I migranti affollati sul ponte della nave di salvataggio "Eleonore" che si dirige verso un porto sicuro nel Mediterraneo. La "Eleonore" ha salvato i migranti il 26 agosto 2019 al largo delle coste libiche, mentre la loro barca affondava. © 2019 Johannes Filous/immagine-alleanza/pa/AP Immagini

(Milano) - Il governo di coalizione Partito Democratico- Movimento Cinque Stelle dovrebbe revocare le misure anti-asilo e anti-salvataggio del precedente governo, ha dichiarato oggi Human Rights Watch. Si prevede che il governo proporrà delle modifiche ai due  cosiddetti decreti sicurezza emanati dal precedente governo di coalizione Movimento Cinque Stelle-Lega.

“Questa è un'opportunità per l'Italia di ristabilire politiche umane e dignitose per le persone che hanno bisogno del nostro aiuto—permessi umanitari, un sistema di accoglienza esemplare e l'impegno a salvare vite umane in mare e a garantire lo sbarco in un porto sicuro", ha detto Judith Sunderland, direttrice associata della divisione Europa e Asia centrale di Human Rights Watch. "È un'opportunità che il governo dovrebbe cogliere per recuperare la leadership e la statura morale dell’Italia a livello internazionale".

Tra il 2018 e il 2019, l’allora Ministro dell’interno e leader politico della Lega, Matteo Salvini, fece approvare due decreti-legge, successivamente convertiti in legge dal parlamento. I decreti e le leggi hanno eviscerato la procedura per l’asilo e il sistema di accoglienza. E hanno formalizzato la politica dei “porti chiusi” di Salvini, politica che ha bloccato le imbarcazioni che cercavano di sbarcare le persone salvate nel mar Mediterraneo.  

Nel settembre 2019, la subentrata coalizione di governo- senza la Lega- ha manifestato l’intenzione di modificare questi decreti. Tuttavia, l’attuale Ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese ha suggerito delle leggere modifiche piuttosto che una radicale riforma. I decreti sono così problematici che dovrebbero essere revocati, ha detto Human Rights Watch. Il governo dovrebbe agire rapidamente per ripristinare le protezioni che sono state abolite o indebolite dai decreti. I provvedimenti dovrebbero includere:

  • L’eliminazione delle multe per le navi di salvataggio. Il decreto del giugno 2019, "Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica", convertito in legge nel mese di agosto, ha conferito al Ministro dell'Interno l'autorità di negare il permesso di entrare o sostare nelle acque italiane a qualsiasi nave sospettata di violazione delle leggi italiane sull'immigrazione. Ha imposto multe da 150.000 a 1 milione di euro ai capitani delle navi e il sequestro immediato della nave in caso di ingresso in acque italiane senza autorizzazione o di mancata osservanza delle direttive.

Queste disposizioni miravano a legalizzare la pratica di ritardare o rifiutare lo sbarco delle persone salvate in mare. Le disposizioni in questione violano le norme internazionali sui diritti umani e la legge del mare e scoraggiano i capitani delle navi dall'adempiere al loro obbligo morale e legale di soccorrere le imbarcazioni in difficoltà in mare. Citando la legge del mare e le norme sui diritti umani, compreso il diritto alla vita, sei esperti delle Nazioni Unite hanno concluso che "le operazioni di ricerca e salvataggio volte a salvare vite umane in mare non possono rappresentare una violazione della legislazione nazionale sul controllo delle frontiere o sull'immigrazione irregolare". Gli esperti hanno sottolineato che l'Italia ha l'obbligo di non compiere atti che possano mettere a repentaglio il diritto alla vita e di "cercare e agevolare l'azione umanitaria".

  • Ripristino dei permessi di soggiorno per motivi umanitari. Il decreto dell'ottobre 2018 "Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica", convertito in legge nel dicembre 2018, ha abolito questo terzo, complementare, livello di protezione. Questo dispositivo consentiva a molte persone di rimanere in Italia a causa delle sofferenze a cui sono state sottoposte in patria e durante i loro viaggi migratori. Questi permessi di soggiorno venivano concessi per due anni, prorogabili, consentivano ai beneficiari di lavorare e potevano essere convertiti in altri tipi di permesso di soggiorno.

Mentre prima le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale avevano la facoltà di concedere la protezione umanitaria per una grande varietà di casi, il decreto del 2018 ha limitato la concessione della protezione umanitaria ad un numero ristretto di casi già esistenti o appena introdotti, tra cui figurano casi di cure mediche, calamità naturali nel proprio paese d'origine e atti di particolare virtù civica. I permessi variano in termini di durata e di possibilità di conversione in residenza a lungo termine, e in gran parte precludono ai beneficiari l'accesso a strutture di accoglienza specializzate e al sostegno all'integrazione.

L'abolizione del permesso per la protezione umanitaria ha contribuito ad aumentare il tasso di respingimento delle domande di asilo, si è passati dal 67% nel 2018 all'80% nei primi 10 mesi del 2019. Uno studio dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionali (ISPI) ha stimato che questi cambiamenti aumenteranno il numero di migranti irregolari in Italia entro la fine di 2020 di 70.000 unità in più rispetto a quanto sarebbe avvenuto se il permesso umanitario fosse rimasto in vigore.

  • Ripristino dell’esemplare sistema di accoglienza italiano. Il sistema  SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), rete di centri di accoglienza dedicati, con personale qualificato, ha fornito alloggi, assistenza e servizi esemplari ai richiedenti asilo vulnerabili e ai rifugiati riconosciuti. Il decreto del 2018 ha di fatto escluso tutti i richiedenti asilo da questi centri di accoglienza, creando i SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati) riservati solo ai rifugiati riconosciuti e ai minori non accompagnati. Ciò ha condannato i richiedenti asilo, anche quelli più vulnerabili, a rimanere nei centri di accoglienza di prima linea, dove le condizioni e le cure, già spesso inadeguate, si sono deteriorate a causa del taglio dei fondi da parte delle autorità.

Recentemente, il Gruppo di esperti del Consiglio d'Europa per la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (GREVIO) ha espresso preoccupazione per il fatto che le condizioni di accoglienza e l'accesso ai servizi essenziali delle donne vittime di violenza di genere sono " probabilmente destinate a peggiorare".

  • Limitazione della detenzione in attesa di espulsione. Il decreto del 2018 ha raddoppiato la durata della detenzione in attesa di espulsione, portandola da 90 a 180 giorni. Ha anche permesso alle autorità di trattenere le persone per un massimo di 30 giorni al loro arrivo nei cosiddetti hotspot ai fini dell'identificazione e della registrazione. Sebbene la legge dell'Unione Europea consenta la detenzione per motivi di immigrazione fino a 18 mesi, essa richiede che la detenzione sia la più breve possibile e solo fino a quando le autorità dimostrino la dovuta diligenza per rimpatriare efficacemente la persona, consentendo al contempo agli Stati membri di adottare disposizioni più favorevoli.

Il Patto Globale sulle migrazioni, concordato nel dicembre 2018 e rappresentativo del consenso internazionale, impegna i paesi a utilizzare la detenzione solo come ultima risorsa e a lavorare per trovare delle alternative. L'Italia è tra le poche nazioni che non hanno aderito al patto.

Oltre a queste misure, il decreto del 2018 ha anche ampliato i motivi per negare e revocare la protezione internazionale e ha negato ai richiedenti asilo la possibilità di iscrizione presso i registri dell’anagrafe comunale con l'effetto di precludere loro l'accesso a determinati servizi. All'epoca, 13 esperti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani hanno espresso "grave preoccupazione" riguardo al fatto che nel complesso le misure contenute nel decreto "minino nelle fondamenta i principi dei diritti umani e comporteranno certamente violazioni del diritto internazionale in materia di diritti umani".

Nonostante la coalizione formata dal Partito Democratico e dal Movimento delle Cinque Stelle avesse manifestato l’intenzione di modificare i decreti già nel settembre 2019, poco dopo che Salvini e la Lega avevano lasciato il governo, ha rinviato a dopo le elezioni regionali del gennaio 2020.

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