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Con una nuova leadership, l'Italia ha una possibilità reale per la riforma in materia di asilo

Published in: The Huffington Post

Come attivista dei diritti umani che vive e lavora in Italia da 10 anni, sono rimasta piacevolmente sorpresa quando il nuovo Parlamento ha eletto Laura Boldrini, la schietta ex portavoce del Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati in Italia, nuova presidente della Camera dei Deputati. La sua elezione serve da promemoria che in Italia i temi della immigrazione e del sistema di asilo, in gran parte ignorati in campagna elettorale, hanno urgente bisogno di una riforma.

L'Italia si è trasformata negli ultimi tre decenni da un paese di emigrazione a uno di immigrazione e di asilo. La sua reazione a questo cambiamento è stata caotica e confusa, e talvolta addirittura crudele. Ciò è particolarmente evidente nella risposta data dall'Italia alle migrazioni via mare.

Ogni anno l'Italia salva innumerevoli migranti che viaggiano su barconi alla deriva, ma ha anche respinto tante persone verso la quasi certezza di maltrattamenti nella Libia dell'era Gheddafi, e ogni anno si scontra con Malta circa le responsabilità di soccorso e i luoghi di sbarco. Molti migranti e richiedenti asilo, compresi bambini non accompagnati, che arrivano come clandestini sui traghetti provenienti dalla Grecia, a essa sono sommariamente restituiti senza che l'Italia si adoperi a una loro adeguata selezione e permetta loro l'accesso alle informazioni sui loro diritti.

Anche se ampiamente preannunciato, l'arrivo via mare di decine di migliaia di persone in fuga dal Nord Africa nel 2011 ha gettato nel caos il già problematico sistema italiano per i richiedenti asilo e gli immigrati. Non c'è dubbio che l'Italia, come la Grecia, affronti un onere eccessivo per l'immigrazione a causa della sua geografia e della mancanza di solidarietà degli altri Stati dell'Unione europea, ma può e deve comunque fare di più per garantire che ogni risposta messa in campo avvenga nel rispetto dei diritti umani.

Alla fine il governo ha attuato il piano per la "Emergenza in Nord Africa", canalizzando gli arrivi dal conflitto che devastava la Libia (la maggior parte africani sub-sahariani) verso centri di accoglienza per richiedenti asilo, fra i quali alcuni creati appositamente, che offrivano servizi e condizioni assai diversi. Il piano di emergenza, e il finanziamento del governo centrale che lo accompagnava, sono destinati a scadere alla fine di questo mese di marzo.

Alcune politiche sono state adottate per aiutare i più vulnerabili fra loro, ma molte delle circa 12.000 a 13.000 persone attualmente in questi centri rischiano di finire per strada, con nelle loro tasche solo il permesso umanitario a breve termine nel paese e un 500 € di regalo d' addio.

Esse si uniranno alle moltitudini di altri che già vivono per le strade o accampati in edifici abbandonati, come il famigerato Palazzo Salaam a Roma, che ospita circa 800 rifugiati che non ricevono dallo stato alcuna assistenza o misura per l'integrazione. Molte cercheranno lavoro al fianco dei migranti privi di documenti nell'economia informale, nella quale si trovano ad affrontare  sfruttamento e abusi.

Il destino dei tunisini in fuga dal collasso economico e dal caos - circa 28.000 nel 2011- dipende da quando abbiano messo piede sulle coste italiane. Per tutti coloro che arrivarono tra il gennaio e la mezzanotte del 5 aprile 2011 sono stati emessi visti di sei mesi rinnovabili per ragioni umanitarie. Ora, entro la fine di marzo, devono cercare o di convertire il visto in permesso di soggiorno, o di chiedere il rimpatrio volontario assistito. In caso contrario, saranno trattati come i tunisini che sono arrivati dopo il 6 aprile 2011: soggetti di detenzione e rimpatrio. L'Italia ha lavorato infatti per per garantirsi, il 5 aprile 2011, un accordo di riammissione con la Tunisia - simile a uno già esistente con l'Egitto - che permette il rimpatrio sommario dei cittadini scoperti a entrare nel paese irregolarmente.

Organismi internazionali dei diritti umani, tra cui il Commissario per i diritti umani del Consiglio Europeo e il Relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti dei migranti, così come il Comitato sui diritti umani del Senato italiano insieme a numerose organizzazioni non governative, hanno espresso serie preoccupazioni circa le condizioni nei centri di detenzione per immigrati, nei quali le persone possono essere trattenute fino a 18 mesi, nell'attesa che l'Italia ne organizzi la deportazione. Nello scorso dicembre, un giudice in Sicilia ha assolto tre immigrati per il loro ruolo in una protesta violenta in un centro di detenzione di Crotone giustificandola come "legittima difesa" contro le terribili condizioni del centro. Assimilabili a delle prigioni, questi centri tuttavia non ne hanno né le strutture né i programmi adatti per soggiorno a lungo termine.

I governi che si sono succeduti in Italia non sono riusciti a mettere in atto politiche coerenti, trasparenti e umane verso le migrazioni e i richiedenti asilo, rispondendo solo alle crisi nel momento in cui si verificavano.

Una volta che si instauri, il prossimo governo dovrebbe allontanarsi dalla mentalità  emergenziale. È interesse dell'Italia  istituire un sistema coerente con elevati standard per i centri di accoglienza e sviluppare una vera e propria strategia di integrazione per i richiedenti asilo e i rifugiati, affinché diventino essi membri attivi della società.

Alla detenzione amministrativa dei migranti irregolari si dovrebbe ricorrere come ultima risorsa e per il minor tempo possibile, e in strutture adeguate. Gli accordi di riammissione devono essere rivisti in modo che nessuno venga rinviato al suo paese di origine o a un paese di transito senza una valutazione individuale della sua situazione e delle sue necessità di protezione. Infine, l'Italia deve rafforzare la cooperazione con i paesi vicini per prevenire le morti in mare.

Nel suo discorso di accettazione, Boldrini ha parlato con forza e commozione della necessità di tutelare i diritti delle persone più vulnerabili e di coloro che sono morti nel tentativo di raggiungere l'Europa. In qualità di residente permanente in Italia dedicata alla difesa dei diritti umani, posso solo sperare che il prossimo governo di questo paese risponda con forza al suo richiamo.

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