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(Londra) - Le operazioni di soccorso nel Mediterraneo sono ostacolate da scarso coordinamento, dispute sulle responsabilità, disincentivi per le navi commerciali a prestare soccorso, e un’enfasi sulla protezione dei confini, ha dichiarato Human Rights Watch in un briefing paper pubblicato oggi.

Le persone in fuga da persecuzioni o alla ricerca di una vita migliore tentano la pericolosa traversata dalla costa nord africana verso l’Europa, spesso in imbarcazioni inadatte a tenere il mare e pericolose. Un uomo eritreo racconta di aver visto morire ciascuno dei suoi 54 compagni di viaggio quando il loro piccolo gommone è affondato nel Mediterraneo nel luglio 2012, portando il bilancio di vittime accertate di quest’anno a 170.13500 persone sono morte tentando la traversata fin dal 1998, di cui almeno 1500 nel 2011, l'anno con il più alto numero di morti che si ricordi. 

“Fa rabbrividire il pensiero che si sarebbero potute impedire molte di queste morti” ha detto Judith Sunderland, ricercatrice esperta di Europa occidentale a Human Rights Watch. “Occorre che l’imperativo in mare diventi salvare vite umane e non schivare responsabilità”.

Il più famigerato esempio di operazioni di salvataggio fallite è avvenuto nell’aprile 2011, ed è conosciuto come il caso dei “lasciati morire”. Un barcone difettoso con 72 migranti a bordo, in fuga dalla Libia, fu ignorato e andò alla deriva per due settimane nel Mediterraneo in un periodo in cui l’area era pesantemente pattugliata dalle forze Nato così come incrociata da navi commerciali.

Quando il barcone tornò, trascinato dalle correnti, sulle coste libiche, 61 persone erano morte. Altri due morirono dopo l’arrivo. Un’indagine approfondita dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa riscontrò un “catalogo di fallimenti” alla base dei decessi. Serie domande rimangono su perchè la barca non fu assistita nonostante segnali di allerta e contatti con navi militari e commerciali, ha affermato Human Rights Watch.

L’Unione europea sta sviluppando un nuovo sistema di sorveglianza europea delle frontiere esterne, Eurosur. Esso prevede il salvataggio in mare come un obiettivo principale, ma non racchiude linee guida specifiche o procedure per far sì che l’obiettivo sia raggiunto.

La prevenzione delle morti in mare deve essere il cuore di un approccio, coordinato a livello europeo, verso la migrazione su barconi, ha dichiarato Human Rights Watch. Durante la Primavera araba, l’ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati affermò che tutte le navi sovraccariche di migranti nel Mediterraneo dovessero ritenersi bisognose d’aiuto. Questa idea dovrebbe informare l’approccio dell’Unione europea nei confronti del salvataggio di barconi di migranti.

Il briefing paper di undici pagine racchiude raccomandazioni concrete su come migliorare le operazioni di salvataggio e salvare vite:

  • Migliorare i meccanismi di ricerca e coordinamento dei soccorsi tra stati membri dell’Ue
  • Assicurare che Eurosur abbia chiare linee guida sul fondamentale dovere di soccorso in mare e che la sua attuazione sia monitorata rigorosamente;
  • Chiarire cosa costituisce una situazione di emergenza, e creare una presupposto a favore del soccorso di navi sovraccariche e male equipaggiate. 
  • Risolvere le dispute sui punti di sbarco;
  • Rimuovere i disincentivi per le navi commerciali e private a prestare soccorso;
  • Accrescere la condivisione di oneri tra stati membri dell’Ue.

     

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