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Ha iniziato protestando contro la guerra in Vietnam. Poi, dal Nicaragua al Tibet ad Abu Ghraib, Reed Brody ha combattuto tutte le battaglie. Fino allo scontro finale con un criminale che rischia di farla franca.

Per i prossimi mesi ha un obiettivo: fare condannare da un tribunale il Pinochet africano, Hissene Habre. A settembre il giudice belga Daniel Fransen ha disposto un mandato di cattura internazionale per crimini contro l'umanita, crimini di guerra e tortura nei confronti del dittatore che ha guidato il Ciad tra il 1982 e il 1990. Dopo dieci anni di esilio dorato a Dakar, in Senegal, Habre e stato arrestato nel 2000. Lo scorso novembre una corte senegalese ha rifiutato di estradarlo, sodi la decisione sul suo destino e passata nelle mani dell'Unione Africana: un comitato di giuristi dira entro luglio chi lo dovra giudicare.

Questo caso e costato a Brody diversi anni di lavoro al fianco delle vittime alla ricerca delle prove per inchiodare il dittatore. Ricostruire come e stata pianificata ed eseduita la pulizia etnica e la repressione delgi oppositori politici in Ciad non e state facile: per i sporavvissuti e doloroso ricordare, mancavano prove scritte. Souleymane Guenguen, un impiegato che aveva passato due anni in prigione, ha convinto altri compagni di cella a parlare.

Ma la svolta e arrivata nel 2001. A N'Djamena, negli archivi della Dds, la Gestapo di Habre, Brody ha trovato le carte che dimostravano che la polizia politica agiva dietro il diretto controllo del dittatore. "E stato come trovare un terribile Eldorado" ricorda. "Quando siamo entrati nei cecchi uffici siamo rimasti di stucco: il pavimento era recoperto di documenti". Nel palazzo, sporchi di polvere, c'erano i fogli che hanno permesso di identificare oltre 12 mila vittime di abusi, elencare 1208 persone morte in prigione, c'erano le carte che descrivevano i villaggi bruciati. "Per mesi abbiamo lavorato per selezionare e catalogare i documenti in un database, ricostruire gli interrogatoru, gli arresti e i certificati di morte. Quei fogli ci hanno permesso di fare incriminare Habre", aggiunge Brody.

Il caso del Pinochet africano e l'ultima battaglia di una carriera dedicata alla giustizia sociale e cominciata negli anni Settanta nei cortei contro la guerra del Vietnam. Ancora oggi, dopo alcuni decenni, Brody si descrive come un "attivista", "uno che cerca di cambiare in meglio il mondo e ha scelto di farlo seguendo la strada piu vicina alla sua natura".

Laureato all'Universita del New Jersey, da studente incontra JOhn Kerry, l'ex candidato democratico alle presidenziali Usa. "Ero alla guida del movimeto contro la guerra della mia universita, Kerry guidava i Vietname veterans against the war. L'ho visto nel mio uficio: mi colpi la sua capacita di argomentare" ricorda. Diverse volte incontra il Dalai Lama in privato e lo descrive come "un uomo dal pensiero veloce e la battuta pronta".

Prima di entrare nelle fila di Human rights watch, Brody lavora per la missione di pace Onu in Salvador e fa parte del gruppo di indagine delle Nazioni Unite sulle uccisioni in Congo. Nella sede della ong americana arriva nel 1985, quando ancora si chiamava America's watch. Il suo primo rapporto critica la scelta dell'amministrazione di Ronald Reagan di finanziare i contras del Nicaragua. Un'inchiesta a spese sue in cui raccoglie circa 200 testimonianze di attacchi contro i civli, che gli costa l'accusa da parte del presidente di essere "un agente sandinista", e cosi viene descritto sulla prima pagina del New York Times.

Nel 1995 e accanto alle donne tibetane che organizzano la protesta silenziosa a Pechino in occasione della IV conferenza mondiale delle donne. Un altro gallone lo conquista nel 1999, con l'affare Pinochet, cercando di ottenere l'estradizione del dittatore cileno in Spagna: la Camera dei Lord inglese respingera la domanda. Nel 2001 e tra i primi a denunciare la condizione dei dentenuti nella prigione irachena di Abu Ghraib e a parlare dei voli segreti della Cia e delle misteriose sparizioni di alcuni prigionieri accusati di essere terroristi, prima che emergessero i dettagli sulle carceri segrte in Europa.

Sposato con un'infermiera brasiliana e padre di Zach, 5 anni, Brody dice di aver scelto di trasferirsi a Bruxelles soprattutto per suo figlio, "perche voglio che cresca in un posto dove la partita non e tra chi vince e chi perde e il successo e legato anch alla qualita della vita". Il viaggio verso l'Europa e anche un ritorno al passato, visto che il padre, Ervin, era un ebreo ungherese, "campione di tennis e sopravvissuto all'Olocausto" (spiega sul suo sito) e il nonno un avocato che difendeva i poveri nelle battaglie per il diritto alla terra. Ma se chiedi a Brody quanto hanno contato le sue origini e la storia della sua famiglia nelle sue scelte, ti racconta con semplicita che prima ancora delle vicende che ha appreso da altri e quello che ha visto da piccolo ad avergli aperto gli occhi. "Mia madre mi portava ai cortei contro la guerra e il nucleare. Da ragazzo ascoltavo le storie di mio padre sulla dame patita in Ungheria e chiedevo della guerra e dei campi di concentramento. Ma crescendo a Brooklyn e frequentando una scuola dove la maggior parte dei bambini era di colore ho capito subito cosa sono le ingiustizie sociali..."

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